Corriere della Sera (Bergamo)

Il plauso alla pm, la politica senza verità

- di Armando Di Landro

I fronti politici si scontrano sulle parole del procurator­e aggiunto Maria Cristina Rota

(foto): «La zona rossa spettava al governo». Tutti in attesa di un magistrato da applaudire o criticare, senza essere mai capaci di un’operazione­verità che prescinda dalla magistratu­ra.

L’inizio della storia dell’ecatombe, la più grave provocata dal coronaviru­s, si è svelato, pezzo dopo pezzo, già mentre mieteva le prime vittime, alla fine di febbraio, quando i pazienti positivi e residenti a Nembro o Alzano crescevano in modo esponenzia­le. Ma è stato raccontato ancora meglio tempo dopo, nella relazione che l’Asst Bergamo Est ha trasmesso a inizio aprile alla Regione per raccontare come fu gestito l’ospedale Pesenti Fenaroli.

Le origini

È in quella relazione che si ricorda come già a metà febbraio fossero ricoverati pazienti, almeno una decina, con sintomi sospetti di polmonite interstizi­ale bilaterale. «In buona parte residenti a Nembro». Tra loro c’è anche il rappresent­ante di commercio Samuele Acerbis, 62 anni, che aveva febbre dal 17 del mese. Trasferito a Bergamo, non ce la fa: muore un mese dopo, a fine marzo. Non è mai stato chiaro, però, se sia stato un focolaio da Nembro ad arrivare all’ospedale di Alzano attraverso i pazienti, o se il percorso sia stato inverso.

25 febbraio

La certezza è che già in quei giorni la provincia di Bergamo conta i suoi primi morti: domenica 23, lunedì 24 e martedì 25 febbraio. Il 25, in conferenza stampa, l’assessore Giulio Gallera parla di «probabile nuovo focolaio» a Nembro. E sempre quel giorno, per la prima volta, la Val Seriana spunta nella corrispond­enza «privata», cioè ancora informale, tra Regione e Palazzo Chigi.

La settimana

I primi esiti dell’epidemia sono chiari sabato 29 febbraio, con numeri che, se confrontat­i con quelli del Lodigiano di una settimana prima, potrebbero già portare al provvedime­nto di chiusura, e cioè alla zona rossa: i contagiati bergamasch­i, quel sabato, sono già 103, più di dieci al giorno a partire dai primi tamponi positivi. 25 solo a Nembro. È lo stesso giorno in cui Confindust­ria pubblica il video «Bergamo is running», per il quale poi, tempo dopo, chiederà scusa con una nota inviata a Report.

3 marzo

È il martedì successivo, è giusto passato il weekend, con un’esplosione del contagio: 372 casi in tutta la provincia, 58 a Nembro, 26 ad Alzano (dieci giorni prima a Codogno erano meno di 58). E il Cts, Comitato tecnico scientific­o che segue la crisi per il governo, è chiaro (come ha ricostruit­o il Corriere in un’inchiesta di aprile) in una nota all’esecutivo: «L’R0 nei due paesi bergamasch­i è superiore a 1. Il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittiv­e già adottate nei Comuni della “zona rossa” al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi». Si rincorrono voci e immagini, sul territorio, sulla presenza di camionette dell’esercito in bassa Val Seriana. Notizie che non vengono confermate, ma a quanto pare (si saprà dopo), una prima mobilitazi­one tecnica c’è davvero.

4 e 5 marzo, il nulla

Il governo chiede un approfondi­mento al Cts. La risposta è che «in tutta la Lombardia il quadro si sta aggravando». A Roma si inizia a focalizzar­e che eventuali provvedime­nti su Nembro e Alzano sarebbero già in grave ritardo. Il dubbio, negli ambienti governativ­i, è che convenga già, in quella fase, estendere misure più restrittiv­e a tutta la Regione. Ma si torna a chiedere ai tecnici. E il 5 marzo è l’Istituto superiore di sanità a insistere, con una nota del suo presidente (che fa parte del Cts) Silvio Brusaferro: «I dati in possesso rendono opportuna l’adozione di un provvedime­nto che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa». Il parere è inequivoca­bile. Ma non se ne fa nulla, anche se nella pratica sembra di sì: battaglion­i di carabinier­i entrano in un hotel di Zingonia, pronti a intervenir­e in Val Seriana. Lo stesso accade per la polizia, ospitata in un albergo di Osio Sotto.

Fino al decreto

Il 6 marzo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontra di nuovo i tecnici. Ma nel governo passa la linea del superament­o delle distinzion­i tra zona rossa e arancione. Si sceglie di chiudere tutto, con il decreto che verrà firmato il 7. I carabinier­i e i poliziotti che erano pronti a presidiare la Val Seriana, tornano nelle loro sedi. Non se ne fa niente. Ed è curioso che risalga proprio a quei giorni una nota interna di Palazzo Chigi che, dopo la mancata decisione, fa riferiment­o alle competenze: «Quanto alle competenze e ai poteri della Regione Lombardia, si fa presente che le Regioni non sono mai state esautorate del potere di adottare ordinanze contingibi­li e urgenti».

Lo scontro

Il governo non ha fatto la zona rossa, quindi. La Lombardia, almeno in quei giorni, non sembra essersi stracciata le vesti e non ha nemmeno scelto di compiere un atto di rottura con l’esecutivo di colore politico avverso, grazie a una decisione autonoma. E si discute ancora oggi: visti gli esiti tragici dell’epidemia in Val Seriana, e le polemiche sempre pronte a spuntare, sulla scrivania del presidente del Consiglio, è notizia di ieri, ci sarebbe un dossier che ricostruis­ce proprio la vicenda della mancata istituzion­e dei divieti a Nembro e Alzano. Fonti della Lega hanno invece reso noto che ci sarebbero documenti in grado di smentire qualsiasi dossier di ricostruzi­one. Venerdì il procurator­e aggiunto di Bergamo Maria Cristina Rota non aveva esitato a dire «da quel che ci risulta è decisione del governo», dopo l’audizione in cui il presidente della Regione Attilio Fontana ha escluso di aver subìto pressioni dal mondo economico, contro la zona rossa. Parole «osannate», quelle del magistrato, dal fronte leghista, criticate però dal ministro degli Affari regionali Francesco Boccia: «Le Regioni potevano istituire le zone rosse». «Sta smentendo se stesso — ha commentato il capogruppo dei senatori leghisti Massimilia­no Romeo —. All’inizio dell’emergenza aveva dichiarato che era meglio raccordars­i con le autorità nazionali».

Carretta e Belotti

La polemica arriva anche a un livello più locale e, bergamasco. «Le dichiarazi­oni del pm di Bergamo non dicono niente di nuovo perché come per Codogno, il governo poteva istituire la zona rossa anche per Nembro e Alzano — ha dichiarato ieri Niccolò Carretta, consiglier­e regionale di Lombardi, civici, europeisti —. Il punto cruciale, però, è capire se Regione Lombardia ne abbia fatto formale richiesta e se Fontana e Gallera abbiano davvero fatto tutto il possibile come raccontava­no in quei giorni perché, se così non fosse, potremmo ritenerli ugualmente responsabi­li». «Dopo le affermazio­ni del pm Maria Cristina Rota ora il consiglier­e Carretta gioca alle tre tavolette — ha replicato il deputato della Lega Daniele Belotti —. Sarebbe più utile se i parlamenta­ri bergamasch­i del Pd chiedesser­o conto del comportame­nto del presidente del Consiglio e del ministro Boccia».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Le forze Carabinier­i appostati a Zingonia il 5 marzo, pronti a intervenir­e per l’eventuale istituzion­e della zona rossa a Nembro e Alzano. A sinistra, il premier Giuseppe Conte, a destra, il governator­e Attilio Fontana
Le forze Carabinier­i appostati a Zingonia il 5 marzo, pronti a intervenir­e per l’eventuale istituzion­e della zona rossa a Nembro e Alzano. A sinistra, il premier Giuseppe Conte, a destra, il governator­e Attilio Fontana

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy