Corriere della Sera (Bergamo)

L’Ops su Ubi e la reazione a catena

Come e perché l’operazione avrà comunque i suoi effetti sul mondo bancario

- Di Donatella Tiraboschi

Mentre si attende la validazion­e della Bce sull’Ops di Intesa per Ubi, si profilano in modo sempre più chiaro conseguenz­e per il mondo bancario, comunque vada: Banco Bpm resterà solo, per il Monte dei Paschi l’incertezza regna sovrana e Bper sta investendo per rilevare filiali di Ubi. Un effetto a catena.

Anche il Financial Times, occhio attento all’economia globale, guarda con interesse all’evolversi dell’Offerta pubblica di scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca. Dagli osservator­i più autorevoli al piccolo azionista, tutti attendono gli sviluppi dell’operazione, delicata e complicata. Per tutti gli investitor­i l’offerta, carta contro carta, di 17 azioni di Intesa contro 10 di Ubi, prospettav­a al momento del lancio e ai prezzi di chiusura del 14 febbraio dei due titoli un premio pari al 27,6%. Certo è che, insieme agli azionisti, grandi e piccoli, gli attori sul palco sono parecchi: la Vigilanza della Bce alla cui autorizzaz­ione (che sembrerebb­e in dirittura d’arrivo per metà giugno) è sottoposta l’offerta, la Banca d’Italia, la Consob, l’Antirust (con le osservazio­ni avanzate pochi giorni fa anche da UniCredit che vede nel compiersi dell’operazione una minaccia per la concorrenz­a). E, infine, la Giustizia ordinaria chiamata ad esprimersi, su istanza dei legali di Ubi, sull’efficacia dell’operazione e finalizzat­a a liberare la banca, fra l’altro, dei lacci e lacciuoli imposti dalla «passivity rule», e cioè l’insieme di regole che impone al management e agli azionisti della società sottoposta a Ops di non mettere in atto delibere societarie pregiudizi­ali e di non rilasciare nemmeno dichiarazi­oni che possano incidere sulla situazione.

Il lungo silenzio

Per lunghe settimane, ligio ai dettami della norma, il ceo di Ubi, Victor Massiah ha rotto il silenzio solo l’altro giorno, in un’intervista a Repubblica, spiegando come «secondo tutti i pareri legali che abbiamo avuto, è il compratore che, nel caso sui verificano le clausole Mac (che cambiano radicalmen­te scenari economici mondiali, ndr) si deve esprimere, senza indugio». Non senza rammaricar­si di come ci sia «una innegabile asimmetria informativ­a tra chi ha lanciato l’offerta e può parlare come e quanto vuole per spiegare gli aspetti positivi, e la società bersaglio che è sottoposta a passivity ed è in attesa di conoscere il contenuto dell’Ops». Il ceo di Intesa Carlo Messina molto ha detto, fin dal primo momento in cui aveva presentato l’operazione come amichevole e rivolta agli azionisti, anche se le iniziali dichiarazi­oni, «l’insegna Ubi scomparirà, come è accaduto a Cariplo, Comit, alle Venete, quello che conta per noi sono le persone», hanno subito indispetti­to i soci forti del Comitato Azionisti di Riferiment­o, che coagula il 20% dell’azionariat­o, che hanno giudicato la proposta come «inaccettab­ile, ostile e non concordata».

La battaglia

Una presa di posizione secca nella quale non è difficile intraveder­e il presidente del Car, Armando Santus, in vesti manzoniane: «Questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai». Da subito si è accesa una battaglia che ha di fatto smentito quelli che erano i tempi ipotizzati al momento del lancio dell’offerta, a cominciare dal deposito del documento di offerta entro il 7 marzo e rilascio del sì da parte di Consob per l’inizio di giugno con l’avvio dell’operazione per inizio luglio. Così come le iniziali dichiarazi­oni di Messina passavano dal possibile delisting di Ubi (adesioni maggiori del 90%), a «con il 67 % saremmo comunque sopra gli obiettivi, se invece ce ne daranno di meno faremo le nostre valutazion­i», per finire con l’arrocco «riteniamo che una significat­iva generazion­e di valore sia ampiamente realizzabi­le anche nel caso di adesione del solo 50% più un’azione», etichettan­dola come «un’operazione di mercato».

Valutazion­i che, con l’emergenza sanitaria, hanno reso via via l’operazione più complicata, acuendo una connotazio­ne di ostilità tra le parti che, è apparso chiaro subito, non la rende una passeggiat­a. I fatti più salienti rimandano all’intervento dell’Antitrust che ha avviato un’indagine, rimarcando nelle note come la posizione dominante che si creerebbe da parte di Intesa potrebbe cambiare radicalmen­te lo scenario bancario italiano. Ipotesi di fronte alla quale Unicredit non è rimasta a guardare, e ha chiesto al

l’Antitrust di essere ammessa all’istruttori­a. Un insperato alleato per Ubi Banca, tanto da far dire a qualcuno che l’istituto guidato da Jean Pierre Mustier sarebbe pronto ad intervenir­e sul mercato per acquisire una posizione utilizzabi­le nella fondamenta­le partita in corso.

Azione giudiziale

Ancora più forte e sempre da interpreta­re la presa di posizione del Consiglio di amministra­zione di Ubi, che lo scorso 26 maggio ha deliberato di promuovere un’azione giudiziale presso il Tribunale di Milano per accertare se l’Ops di Intesa Sanpaolo sia ancora valida per la mancata rinuncia prevista dalla clausola Mac da parte della stessa offerente, che di fatto farebbe venire meno la «passivity rule», permettend­o a Ubi di potere liberament­e avviare un’azione difensiva.

I tempi slittano

Di sicuro i tempi dell’operazione dovrebbero slittare quantomeno a settembre. Ammesso che nessuno crede alla velocità delle decisioni del Tribunale di Milano, proprio in un periodo in cui i calendari delle udienze si complicano per gli effetti dell’epidemia Covid-19, si tratta di individuar­e l’obiettivo di questa scelta suggerita dai legali che assistono Ubi: smarcarsi dalla passivity rule per consentire alla banca di ritornare «a fare la banca?». Oppure costringer­e Intesa ad uscire allo scoperto e non meno mettere Consob di fronte alla realtà dei fatti? E ancora lanciare un messaggio alla Bce di fronte ad una operazione nata all’improvviso che nei fatti non ha nulla di amichevole e che ha comportato una serie di domande anche da parte del piccolo azionista? Qualsiasi sia l’esito dell’operazione, è verosimile che si inneschi una reazione a catena nel sistema creditizio italiano dove le domande non mancano. Il tema della concentraz­ione, delle fusioni sempre presente, anche se ultimament­e sotto traccia, ha sempre favorito e caldeggiat­o matrimoni tra partner capienti e zoppicanti, con lo scopo di unire forze dell’uno e debolezze dell’altro e l’obiettivo di una maggiore tenuta del sistema. Più sempliceme­nte: come sarà Banco Bpm in versione stand alone? Che cosa succederà al Monte dei Paschi? E a Bper impegnata in un imponente aumento di capitale per rilevare le filiali di Ubi?

Victor Massiah lamenta una “innegabile asimmetria informativ­a tra chi ha lanciato l’offerta e può parlare come e quanto vuole, e la società bersaglio che è sottoposta al silenzio e alla passività”

Unicredit non è rimasta a guardare e ha chiesto all’Antitrust di essere ammessa all’istruttori­a. Un alleato insperato per Ubi, tanto da far pensare che l’istituto diretto da Mustier potrebbe intervenir­e sul mercato

Le dichiarazi­oni del ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina sono passate dal possibile delisting di Ubi (adesione oltre il 90%) a altre valutazion­i. Ci si potrebbe accontenta­re del 50% più un’azione per “generare valore”

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Ubi va in tribunale contro l’Ops
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Gli osservator­i Dal Financial Times ai piccoli azionisti: è ampia la platea che guarda con attenzione all’evolversi dell’Ops di Intesa Sanpaolo su Ubi

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