La «Pompei delle Alpi» I misteri del villaggio sepolto da una frana
Il borgo scomparso nel 1618. Scavi interrotti dall’epidemia
LECCO È nota come la «Pompei delle Alpi». Non solo per l’entità della catastrofe, più di mille morti, l’intero borgo spazzato via, ma anche perché il materiale che per secoli ha ricoperto l’abitato l’ha in parte preservato. Una cittadina medievale con le case, i focolari, le botteghe. Piuro è oggi una amena località al confine con la Svizzera, tra Chiavenna, in provincia di Sondrio, e la Val Bregaglia. Alle ricchezze naturalistiche si uniscono quelle ancora celate sotto la frana che nel settembre del 1618 ha devastato il borgo.
Prima che il coronavirus bloccasse gli scavi, la ricerca archeologica aveva consentito di riportare alla luce parte dell’antico villaggio. Il progetto, che si inserisce nell’ambito della campagna Interreg Italia Svizzera Amalpi
18, aspetta solo di ripartire forte dei risultati fino a qui conseguiti. Oltre 60 fra studenti e ricercatori dell’Università di Verona, coordinati dal professor Fabio Saggioro, hanno lavorato senza sosta restituendo tesori preziosi: su tutto una rarissima moneta dei re Ugo e Lotario risalente al X secolo.
«Al momento della frana diversi edifici del Mot del Castel, dove si sono concentrate le ricerche, erano già stati abbandonati — spiega Saggioro, docente di Archeologia medioevale —. Abbiamo trovato orti e spazi aperti, mentre sino al 1300 la collinetta ospitava strutture, edifici, abitazioni. L’origine è da datare a prima dell’anno mille. La scoperta è eccezionale perché il ritrovamento di pentole e vasellame in pietra ollare fa comprendere come il borgo fosse conosciuto a quei tempi in tutta Europa proprio per il commercio di questa pietra particolare».
Lo smottamento del 1618 si staccò dal monte Conto, a sud dell’abitato: tre milioni di metri cubi di massi e terriccio. Le cronache del tempo ricordano i pochi sopravvissuti, l’oste Francesco Forno, il muratore Simone Ramada, una donna, due bambini, il fratello del Podestà. Risparmiato in parte il palazzo di Belfort, i cui resti sono visitabili. Ci sono poi il museo di Piuro e la chiesa di Sant’Abbondio
dove sono custoditi i reperti della prima campagna di scavi risalente agli anni Sessanta.
«Abbiamo trovato monete rarissime e un calice in pietra ollare, ma anche un’abitazione con il focolare intatto. Botteghe testimonianza della vita quotidiana, tutto qui sembra essersi fermato a secoli fa — conclude Saggioro —. E il bello deve ancora venire: al limite attuale dello scavo sono emerse alcune sepolture che ci spingono a ipotizzare che, non a grande distanza, potrebbe esserci un edificio religioso. La speranza è di poter riprendere il nostro lavoro a settembre». La «Pompei delle Alpi» sembra celare ancora molti misteri.