LA POLITICA HA SCELTO UN UNICO VERBO: SPERARE
A marzo ha vinto il senso del dovere. Ora la politica torna a cercare consenso facile
Sarà importante conservare la memoria di come eravamo, di cosa pensavamo e di cosa scrivevamo nel periodo peggiore della pandemia. Quel mese che ha distrutto famiglie ma che ci ha fatto capire esattamente a cosa serve lo Stato. O a cosa dovrebbe servire. Qual è il valore di quello che diamo per scontato, a partire dalla sanità pubblica. A nessuno che avesse un malato in casa in quei giorni interessava nulla della parola eccellenza di cui la politica si riempie spesso la bocca a casaccio quando parla di sanità, né della divisione di competenze tra Stato centrale e Regioni, materia così intricata da offrire argomenti a chiunque contro chiunque. Quello che importava a marzo era che se chiamavi un’ambulanza, quella arrivasse in tempo. E purtroppo, a Bergamo, di ambulanze arrivate dopo ore di attesa ce ne sono state troppe. In quel momento volevamo tutti solo una cosa: che lo Stato ce la facesse, perché ci era chiaro che se non ce l’avesse fatta, nelle sue istituzioni centrali e locali, guidate da non importa quali forze politiche, molte altre persone sarebbero morte. E in qualche modo la Repubblica italiana ha saputo reagire. Il governo ha saputo convincere gli italiani a chiudersi in casa perché era l’unica cosa che si sapeva utile per contenere i danni. Un generale senso del dovere ha tenuto a galla la barca.
E a Bergamo, nei giorni in cui c’era troppo poco di tutto, dai medici alle mascherine, dalle bombole d’ossigeno ai carri funebri, le bandiere tricolori hanno popolato i balconi di tante case. Proprio nel momento in cui ci si accorgeva che sul territorio qualcosa di molto grave stava succedendo, anche a causa di ritardi e inefficienze imputabili a Milano e a Roma, i bergamaschi hanno riscoperto l’attacamento a una Nazione che 160 anni fa hanno contribuito a unificare, mettendoci il sangue dei propri giovani.
La memoria di quei giorni così vicini sembra però in parte già scaduta. Chi fa politica di professione è tornato esattamente dov’era a febbraio, prima che tutto cominciasse, a grattare consenso denigrando gli avversari. Il che è proprio di ogni democrazia, ma nella situazione attuale è una continua sfida sul filo del ridicolo. In particolare in Lombardia, dove il disastro è stato cucinato da apprendisti stregoni di ogni schieramento. Tentennamenti e inadeguatezze, lentezze e scarsa comprensione della gravità dei fatti bergamaschi: questi sono tratti che hanno accomunato il governo nazionale a quello regionale. Anche e
Il senso di responsabilità e le doti di resilienza delle comunità insieme per superare l’emergenza Sergio Mattarella Presidente della Repubblica
riosamente per gli immigrati che spacciano hashish e i cantieri in ritardo, oggi molti dei nostri eletti hanno imparato a battersi brandendo armi scivolose come la ricerca scientifica e a muoversi disinvolti persino su un terreno costellato di morti. E, come dimostrano le manifestazioni di piazza del centrodestra (più a
Roma che a Bergamo, dove quasi tutto si è svolto nel rispetto delle norme), non è più tempo di cautela. La gente vuole sentirsi dire che si può ripartire, perché è stanca e perché, al di là della filosofia da social, non è facile escogitare piani diversi dal ritorno alla vita di prima. E proprio come quando davano credito alla formula «è solo un’influenza», in tanti sono pronti ad accontentare questa voglia di normalità: consenso facile. Al limite poi si trova un virologo al quale dare la colpa, ce ne sono in giro per tutti i gusti.
Magari però questa volta attraverseremo l’autostrada a piedi senza farci un graffio. Repubblica italiana, 2020: voce del verbo sperare.