Bonometti 2 ore dai pm: «Zona rossa, nessuna forzatura»
In Procura Bonometti, presidente lombardo di Confindustria Avrebbe ribadito la linea di inizio marzo dell’associazione, per gli stop volontari. Negando però di aver forzato la mano
Il presidente regionale di Confindustria Marco Bonometti è stato sentito ieri per un paio d’ore dai pm della Procura di Bergamo, sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana all’inizio di marzo. Bonometti avrebbe ribadito che l’associazione era contraria ai divieti imposti e voleva far prevalere la linea delle chiusure volontarie delle aziende, ma avrebbe negato che sul caso specifico di Nembro e Alzano ci fossero state forzature nei confronti delle istituzioni.
Dalla Procura non filtra mezza parola, nemmeno sui magistrati che hanno partecipato all’audizione. Il presidente regionale di Confindustria Marco Bonometti è entrato nel pomeriggio di ieri negli uffici di piazza Dante, a Bergamo, per essere sentito come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta per epidemia colposa in cui i pubblici ministeri, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, indagano a tutto campo: dalla gestione dell’ospedale di Alzano dopo la scoperta dei primi positivi, ai troppi decessi nelle Rsa, fino alla carenza dei dispositivi di protezione per i medici e alla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana. Ed è quest’ultimo il punto che ha portato alla convocazione di Bonometti, Cavaliere del Lavoro bresciano, titolare delle Omr (Officine meccaniche rezzatesi).
Sulle sue dichiarazioni trapela poco, i magistrati stanno cercando di capire se ci siano state pressioni sulla politica, in particolare sulla Regione e sul governo. Il presidente di Confindustria avrebbe dichiarato, è una delle poche indiscrezioni, che in linea generale l’associazione era contro la chiusura totale dei territori, e quindi contro le zone rosse, ma poi alla prova dei fatti nessuno si schierò per un no secco sul caso di Alzano e Nembro, almeno non in occasioni ufficiali o negli incontri con i vertici delle istituzioni. Queste le uniche informazioni che filtrano sull’incontro di ieri in piazza Dante, durato circa due ore e iniziato, sembra, nel primo pomeriggio, quando il numero 1 lombardo di Confindustria è entrato da solo in Procura.
I pm gli avrebbero anche chiesto conto dell’intervista pubblicata il sette aprile da Tpi.it, proprio per capire meglio i contorni della vicenda. In quell’occasione Marco Bonometti aveva dichiarato: «Ci siamo confrontati, ma non si potevano fare zone rosse. Non si poteva fermare la produzione. Noi eravamo contrari a fare una chiusura tout court così senza senso. E Codogno è un paesino, si capisce che non fa testo». Erano gli stessi giorni, quelli della prima settimana di marzo poi terminata con il decreto per il lockdown generalizzato del Paese. Non è noto come il presidente lombardo di Confindustria abbia spiegato quelle sue parole, se riferendosi al contesto generale delle chiusure in atto in quella fase, oppure proprio ai paesi della Val Seriana.
Al momento non risulta nessuna persona indagata, in Procura, sul fronte della zona rossa (su altri sì, ma non è mai emerso quali, almeno finora). I magistrati stanno cercando di capire se la questione debba restare nell’ambito delle scelte politiche, legittime, oppure se la mancata istituzione dei divieti possa configurare un reato. In quel caso, l’inchiesta potrebbe essere trasferita
Il quadro Sui divieti mancati non risultano indagati, l’inchiesta potrebbe finire a Roma
alla Procura di Roma per competenza territoriale, se i pm confermassero — come dichiarato dal procuratore aggiunto — che spettava soprattutto al governo far scattare la chiusura del territorio.