‘Ndrangheta, sequestri al presunto prestanome
Quote di immobili del presunto prestanome dei Bevilacqua: «Pericolosità sociale»
Il suo nome era già finito accanto a quello dei Bevilacqua, accusati di essere usurai vicini al clan della ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi. Era il 2015 e Alfredo Bordogna, 54 anni, imprenditore di Villa d’Almè, finì agli arresti domiciliari. Ora il suo nome è in un decreto di sequestro di beni, come misura di prevenzione. Come i Bevilacqua, di Vibo Valentia, è ritenuto socialmente pericoloso e i redditi risultano sproporzionati rispetto ai patrimoni.
Allora si chiamava operazione Hydra: Bordogna è a processo a Roma accusato di aver fatto da prestanome di Renato Bevilacqua (figlio di Luigi Ferruccio, morto a 70 anni nel 2018) intestandosi fittiziamente quote societarie. Prima, al Riesame era caduta per tutti l’aggravante mafiosa. Il dibattimento è all’inizio, il suo avvocato Domenico ChinRoma, damo anticipa, in generale, che Bordogna «si dice estraneo ai fatti». Nel frattempo, il Gico della Gdf ha lavorato sui patrimoni degli eredi del capo famiglia Bevilacqua, allora arrestato, e dei presunti prestanome che nell’ipotesi accusatoria servivano da schermi per mettere i patrimoni al sicuro da provvedimenti. Da qui il decreto del tribunale di
sezione misure di prevenzione, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Sono passati quasi cinque anni da quell’operazione, ma il tribunale valorizza l’ordinanza di allora del gip per ripercorrere i ruoli, tracciare i profili dei protagonisti e ricostruire i legami. Renato Bevilacqua, per esempio, in una conversazione dice al «prestanome» Bordogna: «Voglio eliminarmi tutto, ho l’esigenza di alleggerirmi su tutti i fronti». Secondo il giudice, parlava di provvedimenti che potessero colpire i suoi beni. I Bevilacqua sono i destinatari della parte più corposa dei sequestri per due milioni di euro, tra case e 14 lingotti d’oro, in totale. L’impatto sui beni di Bordogna è minore, anche perché ha solo il 2% di cinque unità immobiliari in via Martinella, a Torre Boldone, tutte di pochi metri quadrati, da 7 a 28, tranne una più consistente di cinque vani. La comprò nel 2013 per 267.819 euro, e risulta al 98% dei genitori.
È stato socio unico o con quote di diverse società: di lavori di installazione a Grassobbio, di noleggio auto a Bergamo, di fabbricazione di caldaie a Milano, di produzione di energia elettrica a Urgnano, ma le attività sono state per lo più cedute, sono cessate o sono fallite. Comunque, non sono state ricondotte alla presunta attività di prestanome. Il tribunale ha circoscritto la pericolosità sociale al 2012 e al 2013. Bordogna aveva avuto una condanna di 4 anni per truffa in Germania e una di 2 anni e 8 mesi per riciclaggio. Ma sono fatti del 2005 e da allora fino al 2012 non è emerso più nulla.
Rispetto alla sproporzione tra reddito e patrimonio, i finanzieri hanno rilevato le incongruenze. Con zero entrate dichiarate, dal 2002 al 2011 Bordogna ha avuto uscite dai 19 ai 31 mila euro annui legate anche alla costituzione di società. Nel 2012, nulla di anomalo con 54 mila euro di reddito e 30 di uscite. Ma l’anno dopo, senza entrate ha speso 35 mila euro.
Altra storia. Lo scorso gennaio Bordogna ha testimoniato a Bergamo come vittima della presunta banda delle estorsioni di cui Rocco Di Lorenzo è ritenuto il capo.