Bonicelli, il Vaticano: non fu riciclaggio
L’indagine sui soldi dello Ior: le firme dell’arcivescovo scalvino vennero falsificate
Èstata archiviata l’indagine in Vaticano per riciclaggio che coinvolgeva monsignor Gaetano Bonicelli per alcuni passaggi di denaro sui suoi conti allo Ior. È stata la stessa accusa a chiedere che il caso venisse chiuso: per molte operazioni la firma del prelato è risultata falsificata. Resta aperto il processo italiano.
Il decreto del Tribunale del Vaticano è sulla scrivania, la stessa dove monsignor Gaetano Bonicelli, arcivescovo emerito di Siena, custodisce una parte delle fotografie con i «suoi» Papi, li chiama così. Sono sistemate sul bordo, rivolte verso gli ospiti. Ha 95 anni e gli occhi che si accendono come lampi quando ricostruisce gli intrecci che lo hanno fatto finire sotto indagine per soldi sospetti passati sui suoi conti allo Ior. Un’unica ipotesi di reato, riciclaggio, e due fronti: quello della giustizia italiana, con un processo aperto a Roma, e quello vaticano, chiuso con un’archiviazione che porta la data del 20 febbraio. Monsignor Bonicelli mostra il decreto, allarga le braccia e sorride: «Mi sono fatto infinocchiare, la colpa è anche mia che non controllavo. Ma era tutto talmente chiaro che non poteva che finire in questo modo. Non c’era nulla, figuriamoci».
I fatti presi in esame dal Tribunale della Santa Sede ruotano attorno a due operazioni su uno dei conti allo Ior intestati all’arcivescovo: un versamento da 100 mila euro nel 2008 e un altro da 360 mila euro con successivo bonifico, in diverse tranche della stessa somma, su conti riconducibili a Giovanni Morzenti, a maggio 2012. A Vilminore di Scalve, il prelato torna spesso, nella casa costruita dal padre e ora passata ai 4 nipoti. C’è stato anche lo scorso fine settimana. È il legame con Morzenti, anche lui scalvino con una lunga carriera che lo aveva portato lontano, per lo più in Piemonte, tra società amministrate e presidenze, come quella della Federazione degli sport invernali. In Vaticano, le collaborazioni con i cardinali Re e Coccopalmerio e per vent’anni la direzione del Centro per l’orientamento pastorale, creatura di Bonicelli. È morto nel 2017 a 67 anni. L’anno successivo se n’è andato anche Mario Brancaccio, dipendente del Vaticano: «Era il riferimento di Morzenti, che me lo aveva presentato», dice monsignor Bonicelli. Entrambi, disgiuntamente e in periodi diversi, avevano avuto delega su alcuni suoi conti. È il primo punto messo a fuoco dal sostituto promotore di giustizia (il nostro pm) Roberto Zannotti nella richiesta di archiviazione del 17 febbraio. Tre giorni sono bastati al giudice per decidere. L’altro aspetto riguarda le firme false. Il 22 gennaio e il 30 aprile 2016 Bonicelli aveva disconosciuto una serie di operazioni: «Mi avevano mostrato un assegno e io non ne sapevo niente», ricorda. Una consulenza tecnica disposta dal promotore ha poi indicato come apocrife un buon numero di sottoscrizioni. Chi sia stato l’artefice del plagio non è mai stato chiarito. «La situazione emersa — scrive il promotore — era caratterizzata da un’estrema confusione delle movimentazioni dei conti intestati a monsignor Bonicelli, congiunta a una diffusa abitudine a falsificare le firme del titolare del conto, il quale, anche in ragione della sua età avanzata, non era in grado di ricostruire movimentazioni di denaro o le disposizioni impartite a coloro che erano delegati a operare». Il promotore parla anche di «un’attività dei delegati non sempre soggetta al controllo di monsignor Bonicelli e molte volte addirittura abusiva».
Con gli avvocati Giovanni Amorosi e Arianna Dutto, la difesa ora si aspetta lo stesso esito al Tribunale di Roma. La linea è la medesima. Il processo è ai testimoni dell’accusa. Come sia stato il giro di denaro a Morzenti l’arcivescovo comunque lo ribadisce: «Morzenti aveva un conto allo Ior. Quando era stato obbligato a chiuderlo per le nuove regole, avevo fatto spostare i suoi soldi sul mio conto a Vilminore e poi glieli avevo restituiti. Una parte l’avevo data alla figlia che si doveva sposare. Pensavo di facilitarlo». Dopo i 12 anni a Siena, dal 2001 si è ritirato al santuario di Stezzano. A Roma ci torna ancora.
La colpa è anche mia che non controllavo. Ma non c’era nulla, non poteva che finire così Monsignor Gaetano Bonicelli