Corriere della Sera (Bergamo)

Prime denunce, i pm a Roma

Procession­e in Procura per protocolla­re 50 esposti, pronti altri 150. Mancata zona rossa, magistrati in missione

- di Armando Di Landro

Nel giorno in cui gli aderenti al comitato «Noi Denuncerem­o» presentano le prime 50 denunce, i pubblici ministeri di Bergamo vanno a Roma per sentire il presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte sulla mancata istituzion­e della zona rossa, ma anche, sullo stesso tema, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro (sentito ieri, le sue parole restano top secret). «Sulla zona rossa per Nembro e Alzano il balletto tra regione e governo fu indecente», dicono i principali referenti del comitato.

Sul primo Denuncia Day voluto dai parenti delle vittime del Covid-19, tutti schierati dentro e fuori la Procura della Repubblica, piomba come un macigno la conferma, definitiva, che la mancata istituzion­e della zona rossa a Nembro e Alzano, all’inizio di marzo, è oggetto di assoluto interesse della magistratu­ra, che sta facendo esattament­e ciò che le indiscrezi­oni avevano anticipato: il procurator­e aggiunto Maria Cristina Rota risulta in missione a Roma con i sostituti Silvia Marchina e Paolo Mandurino, ma anche con un investigat­ore della sezione di polizia giudiziari­a, per sentire il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e quello della Salute Roberto Speranza. Le audizioni, sono fissate per domani. Ieri, invece, i magistrati hanno già ascoltato il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, che in una nota ufficiale aveva indicato come l’indice di trasmissio­ne del virus fosse molto alto, all’inizio di marzo, a Nembro e Alzano, suggerendo perciò di far scattare la zona rossa come a Codogno. Le sue dichiarazi­oni, però, restano top secret.

I pubblici ministeri sono quindi nella Capitale per capirci di più, partiti proprio ieri all’alba, nel giorno in cui il comitato «Noi Denuncerem­o» ha alzato la sua voce al massimo volume: in cinquanta, molte donne, schierati fuori dalla Procura fin dalle 8 del mattino, e poi entrati uno a uno, per presentare i propri esposti. Denunce che sono storie di vita, tragedie, di papà e mamme morti a causa del virus, molti in casa, altri in ospedale dopo un trasporto in ambulanza avvenuto a metà marzo, al culmine dell’emergenza, in condizioni già disperate. Altri ancora contagiati in clinica o in Rsa, dove si aspettavan­o invece di essere al sicuro. «Sbaglia chi pensa che noi, in quanto persone, famiglie, siamo qui disinforma­ti e vogliamo solo criticare gli ospedali — dice il comitato —. Critichiam­o e denunciamo un sistema che non era affatto pronto».

I referenti, Luca Fusco e l’avvocato Consuelo Locati, che hanno perso entrambi il papà, litigano in diretta televisiva con gli assessori regionali. Ribadiscon­o: «Noi non siamo un comitato politico». E proprio sulla mancata zona rossa, anche se le notizie da Roma non sono ancora arrivate, affondano i colpi: «Ci sono stati giorni di assoluta inerzia in cui si è permesso al focolaio della Val Seriana di espandersi — dice Fusco —. Forse chiudendo quel territorio prima, avremmo poi potuto evitare di chiudere tutta la Lombardia, quello stop sarebbe stato la soluzione migliore per le attività produttive, che poi hanno dovuto subire molto di più. Parliamoci chiaro — Fusco lo ripete a chiunque — quel rimpallo tra Regione e governo fu un balletto indecente».

Tra il quattro e il cinque marzo erano stati mobilitati battaglion­i di carabinier­i e contingent­i di polizia, con alberghi messi a disposizio­ne a Zingonia e Osio Sotto. Tutti pronti a intervenir­e in attesa del provvedime­nto, che in quei giorni la Regione chiedeva al governo ad ogni conferenza stampa (anche se restano dubbi sulla concretezz­a delle richieste formali partite da Milano per Roma). Un’inchiesta del Corriere ha svelato che furono buttati al vento almeno sei giorni, in cui l’Istituto superiore di sanità suggeriva di adottare il provvedime­nto, come a Codogno dal 22 febbraio, ma nulla accadeva. Carabinier­i e polizia erano poi stati ritirati, fino al 7 marzo, sabato, la Val Seriana aveva atteso novità, ma non ce n’erano state. Quella sera era scattato il decreto che aveva dato il via al lockdown di tutto il paese.

❞ Luca Fusco (Comitato) Ci sono stati giorni di assoluta inerzia in cui si è permesso al focolaio di espandersi

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(foto Cavicchi/Ansa) Aderenti al comitato «Noi denuncerem­o», parenti di vittime del Covid, mostrano i loro esposti prima di presentarl­i in Procura ieri mattina
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 ??  ?? In piazza Dante Gli aderenti al comitato, tutti parenti di vittime del Covid, espongono le loro denunce fuori dalla Procura (Cavicchi per Ansa)
In piazza Dante Gli aderenti al comitato, tutti parenti di vittime del Covid, espongono le loro denunce fuori dalla Procura (Cavicchi per Ansa)
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