Il volontario factotum deceduto in una settimana «Vogliamo vederci chiaro»
«Non ci è davvero chiaro cosa sia successo a mio padre: guardando la cartella clinica sembra che la saturazione e l’ossigenazione fossero rimaste buone, anche dopo il ricovero. Ma lui è morto molto rapidamente». A parlare è Federica Belotti, di Credaro, figlia di Giovanni Impero, che in paese era un volontario factotum, attivissimo, ricordato nelle scorse settimane anche dal sindaco del paese, quando i dati dell’Istat avevano indicato un incremento di mortalità molto elevato per quel comune. «Mio padre all’inizio di marzo aveva avuto una settimana di febbriciattola — racconta Federica —. Il medico di base non l’aveva visitato e gli aveva consigliato di prendere tachipirina, nient’altro, dicendogli di avere fiducia». Sembrava, ai familiari e anche al medico, che il virus non c’entrasse. E invece. «Abbiamo portato mio padre in ospedale a Chiari (Brescia) il 13 marzo, che era un venerdì — prosegue la figlia — e i medici ci hanno subito detto che la situazione era già drammatica. Una settimana di assoluta apprensione, fino a un tracollo notturno, tra giovedì e venerdì di quella dopo. Ci dicevano che la situazione era molto bassa e che il quadro clinico era molto compromesso. E mi ricordo che in quella situazione siamo riusciti a vederlo per l’ultima volta, grazie a una videochiamata. Purtroppo era il giorno prima che morisse». Era il 20 marzo. Giovanni Impero Belotti è morto il 21. «La cartella clinica dava indicazioni diverse da quello che ci era stato detto, vogliamo capire di più», conclude la figlia.