Entrambi i genitori scomparsi troppo presto «Persone, non numeri»
In quattro giorni hanno perso entrambi i genitori, all’ospedale di Romano e a quello di Treviglio. Eppure Diego e Pietro Federici, fratelli, figli di Renato (72 anni) e di Ida Mattoni (73) riescono a distinguere, dopo aver presentato il loro esposto in Procura. «Credo che la Lombardia sia stata colpita da uno tsunami — dice Pietro —. Il nostro dubbio è che infermieri e dottori non avessero i mezzi, inclusi i posti letto, per curare tutti come bisognava fare. Anche i nostri genitori non erano numeri, ma persone». Diego racconta di «due persone sane. Tutto è iniziato il 18 marzo, quando era chiaro che mia madre aveva una crisi respiratoria importante. Il 112 era intervenuto ed era emerso subito, all’arrivo dei soccorritori, che si trattava di sintomi evidenti del coronavirus». Ida Mattoni, con saturazione bassa e in condizioni già difficili, era stata ricoverata a Treviglio. «Gli stessi operatori che hanno soccorso mia madre ci hanno suggerito di chiamare un’autoambulanza per il papà, che aveva già febbre — prosegue Diego —. Uno di loro però suggeriva di tenerlo a casa. C’è stata un po’ di confusione, ma dopo quaranta minuti l’ambulanza è arrivata e mio padre è stato portato al pronto soccorso dell’ospedale di Romano. Era il pomeriggio del 18 marzo, l’ultimo giorno in cui abbiamo visto i nostri genitori». Il papà chiamava i figli dal pronto soccorso, «per sapere come stavamo. Dopodiché è arrivata una telefonata che ci diceva “è leggermente peggiorato”. È morto dopo due giorni». La mamma restava grave nella sua stabilità: «Domenica 22 marzo ci è stato comunicato dall’ospedale di Treviglio che l’anestesista aveva deciso di non intraprendere percorso di terapia intensiva e avrebbe invece iniziato a sedarla. Alla mia domanda: “Ma la state uccidendo?” mi è stato risposto: “No, la stiamo facendo andare via senza soffrire”. L’ospedale ci ha avvisato della morte il giorno dopo, perché abbiamo telefonato noi».