Mancata zona rossa, i pm a un bivio
Dopo la missione a Roma, la Procura deve capire se quel comportamento fu reato e a chi spettava la decisione
«Un clima disteso e collaborativo»: così il procuratore aggiunto di Bergamo Maria Cristina Rota ha parlato dell’audizione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, per tre ore, a Palazzo Chigi. Sentiti anche i ministri dell’interno Luciana Lamorgese e della Salute Roberto Speranza, tutti sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano all’inizio di marzo. I pubblici ministeri, di rientro a Roma, devono stabilire se la scelta di non adottare quel provvedimento si possa qualificare come reato o debba essere qualificata come legittima, per il governo. Il premier avrebbe risposto che una scelta ci fu, quella del 7 marzo, con la chiusura di tutta la Regione. E intanto tornano ad alzarsi i toni dello scontro politico, soprattutto tra i cinquestelle e la Lega.
In un clima che ormai è di totale scontro politico, con toni che stanno andando oltre le righe, la Procura di Bergamo ha portato a termine la sua missione in quel di Roma, dove i magistrati hanno sentito ieri, sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e quello della Salute Roberto Speranza. Presenti, a Palazzo Chigi per oltre cinque ore (tre di audizione del premier), il procuratore aggiunto Maria Cristina Rota, i sostituti Silvia Marchina, Paolo Mandurino e Fabrizio Gaverini, oltre a due investigatori della sezione di polizia giudiziaria.
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Quando ho parlato di competenze del governo mi riferivo alle informazioni raccolte fino a quel momento. Andiamo avanti a lavorare Maria Cristina Rota Procuratore aggiunto
«Clima sereno»
«Le audizioni si sono svolte in un clima di massima distensione e collaborazione istituil — ha dichiarato Rota —. Ora ce ne andiamo, grati di queste dichiarazioni, a completare il nostro lavoro». Ecco, cosa fare ora? Le indiscrezioni suggeriscono che sul tema della mancata istituzione della zona rossa non esistano al momento indagati e che il lavoro svolto fino a ieri serva per avere un quadro completo sia sulle norme sia sulla discrezionalità politica che il governo, e la Regione, avevano in materia. «Quando ho parlato del governo competente sull’istituzione della zona rossa intendevo riferirmi alle informazioni che avevamo acquisito fino a quel momento», ha corretto ieri il tiro procuratore aggiunto.
«Perché?»
I pubblici ministeri hanno chiesto al presidente del Consiglio e ai due ministri perché — nonostante il parere del comitato tecnico scientifico del 3 marzo, poi ribadito il 5 dal presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, in favore della zona rossa — decisero diversamente, facendo saltare l’ipotesi della zona rossa in Val Seriana. Il premier ha risposto che sì, non ci fu quel provvedimento, ma in realtà con il decreto nella notte tra il 7 e l'8 marzo ci fu la prima indicazione per la chiusura di tutta la Lombardia, ancora più restrittiva, e per tutto il Paese, a partire dal 22.
La scelta
Ma il punto giuridico, e giudiziario, è un altro: dopo quei pareri degli esperti il governo era tenuto a istituire la zona rossa a Nembro e Alzano, come a Codogno, o aveva discrezionalità politica, potendo permettersi di valutare molti altri fattori e non solo quello sanitario, se mai ve ne fossero? Se l’ipotesi è la seconda allora è difficile che la Procura possa configurare un reato in merito (la più accreditata è l’epidemia colposa, ma potrebbe anche esserci un’omissione di atti d’ufficio) e sarà solo la politica a dover fare i conti con quella mancata scelta. In caso contrario, invece ci sarebbe ancora materia per i magistrati. Sul merito la Procura è a un bivio, e deve valutare. Ma dovrà farlo anche sulla sua competenza: se, a parere dei magistrati, ci fosse un reato, allora bisognerà decidere se proseguire con le indagini a Bergamo, oppure se trasferire tutto ai colleghi di Roma. È una scelta, quest’ultima, che si può fare anche poco prima di chiudere l’inchiesta (in alcuni casi sono i giudici, ormai a processo, a fare la scelta), e dopo aver accertato le posizioni di eventuali indazionali
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Gli altri fronti
Al rientro a Bergamo, inoltre, ci saranno anche gli altri fronti delle indagini legate all’epidemia, da portare avanti. Per esempio quella sulla riapertura, dopo circa tre ore, del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano: sul punto era stato sentito anche Luigi Cajazzo, direttore generale del Welfare Lombardo, poi rimosso per scelta della giunta di Attilio Fontana. Oppure, la carenza di dispositivi di protezione per i medici di base o altre strutture inserite nel sistema sanitario regionale, al momento non risultano convocazioni per i dirigenti dell’Agenzia di tutela della salute. Molto lavoro da fare per un’inchiesta inedita.
Gli attacchi
Intanto, però, sulla zona rossa è totale scontro politico, e non certo per l’annuncio di un’interrogazione parlamentare sul tema da parte del deputato leghista, e bergamasco, Alberto Ribolla. Ieri a dar fuoco alle polveri ha pensato il senatore grillino Elio Lannutti, su Twitter: «Se ci fosse un vero Csm indagherebbe sulla procuratrice di Bergamo». «Follia pentastellata», ha replicato Roberto Calderoli, dopo una giornata iniziata con Matteo Salvini che, in merito alle audizioni a Palazzo Chigi, diceva già: «Chi ha sbagliato paghi». Un richiamo alla responsabilità è invece arrivato dal ministro Roberto Speranza: «Penso che chiunque abbia avuto responsabilità dentro questa emergenza, dal capo dell’Oms al sindaco del più piccolo paese, debba essere pronto a rendere conto delle scelte fatte. È la bellezza della democrazia. Da parte mia ci sarà sempre massima disponibilità nei confronti di chi sta indagando».
Le accuse