«Guarito, serve un altro futuro»
La riflessione: abbiamo affrontato tante contraddizioni
Marco Maffeis, di Clusone, per il Covid è stato in coma. Curato a Palermo, è guarito: «Esserci non è scontato». Dal valore umano alle contraddizioni, le sue riflessioni.
Gentile direttore, scrivo da un angolo aperto, post Covid, nella totale libertà di non aver vissuto la frenesia immobile delle istituzioni perché in quel periodo me ne stavo in coma, da Covid. Tutto quello che so, lo so da racconti, percezioni, tante storie uniche, umane, sequenze di dettagli e non un insieme. Per me, come per altri, il Covid non è solo passato (o assenza di passato), ma presente e futuro.
Tra noi c’è chi respira a fatica, chi di notte (appena ci si sdraia) ha dolori ai piedi e alle gambe o alle mani e alle braccia, e anche chi li ha a tutti gli arti. Ognuno di noi descrive il dolore in modo personale, così chiedo di tradurlo in colore o in immagine e c’è chi parla di ruggine, chi di ghiaccio, chi di cuoio per la sensazione di pelle spessa e dura, tutti con un quesito comune: passerà? E se sì, quando? Ci si racconta del disastro, del fallimento della politica professionista e si sottolinea la forza e la bellezza della politica sociale, trasversale, fatta da persone che sul lavoro come nel volontariato (la miglior passione politica reale) hanno riconosciuto il dramma dell’evento ed hanno scelto di esserci, di non girarsi dall’altra parte o di scaricare responsabilità o di assumere alibi. Disastro e fallimento che non si può limitare a quello schieramento o a quell’altro, perché proviamo l’orticaria anche per tutti i consiglieri che se ne sono stati zitti, contenti di starsene al riparo nella responsabilità altrui. E adesso parlano.
Eppure, viviamo e siamo la contraddizione del sistema, che ha dato il massimo quando ricoverati. Nel mio caso l’Italia è stata grande: arrivato all’ospedale di Piario con 41 di saturazione, dopo 4 giorni sono stato portato con un aereo militare a Palermo. All’ospedale Civile ho incontrato grande professionalità e umanità da medici e infermieri, così come al Sacco di Milano poi. Non posso che essere grato. Eppure sappiamo che per lungo tempo, quando si era malati a casa, non si veniva nemmeno percepiti, come fantasmi. E qualcuno ha scelto un’altra strada, verso la morte. Verranno mai contati i suicidi da Covid? La contraddizione è questa: la latitanza dello Stato quando eri malato a casa, il dare il massimo quando arrivavi in ospedale. In molti di noi percepiscono la fase tre non come possibilità di viaggio o del ritorno alla vita di prima, ma l’occasione per provare ad ipotizzare un futuro in «modalità nuova», l’opportunità di cambiare solo per il fatto di esserci, e non è cosa da poco.