Quattro giorni di incertezze e quegli ordini ai militari
L’allerta ai carabinieri e alla polizia già dal giorno prima Venerdì l’arrivo dei rinforzi, richiamati la domenica
L’allerta era arrivata il 4 marzo, a carabinieri e polizia: «Nembro e Alzano sarà zona rossa, da domani sera». Invece, le forze dell’ordine sono rimaste in attesa di un ordine mai arrivato. Ai pm di Bergamo, il premier Giuseppe Conte ha spiegato che i numeri dei contagi erano tali da ritenere inutile limitarsi ai soli due comuni, infatti la notte del 7 marzo firmò la chiusura della Lombardia. Ma la mobilitazione di agenti e militari, al di là di decisioni di massima già prese, è il riflesso dell’incertezza fino all’ultimo. Si spiega così l’invio di 330 rinforzi, il 6 marzo. Due giorni dopo, il contrordine.
L’allerta a Bergamo arriva da Roma mercoledì 4 marzo con due telefonate, dal capo della Polizia al questore e da un dirigente del ministero dell’Interno alla Prefettura. «Nembro e Alzano diventano zona rossa», è la sostanza. Con la consegna di una data: giovedì 5 marzo, la sera. Un giorno per prepararsi. Invece non se ne fa e non se ne farà nulla. Ma in quel momento nulla è ancora definitivo.
È l’inizio di quattro giorni in sospeso, figli del confronto tra scienza e politica, e con i dati dei contagi già in corsa. Fino al decreto di sabato notte con cui il premier Giuseppe Conte dispone la chiusura di tutta la Lombardia. Il procuratore aggiunto Maria Cristina
Rota e tre pm sono andati a Roma per chiedere conto dei passaggi e delle decisioni a lui, e ai ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Tiziana Lamorgese.
Quel che succedeva sottotraccia allora non si conosceva, ma la mobilitazione delle forze dell’ordine comunicava l’intenzione di blindare i due comuni della bassa Valle Seriana, forse alimentata anche da aspettative e dalle richieste regionali nelle dirette tv quotidiane. Alla polizia e ai carabinieri non arrivano comunicazioni scritte, ma con un giro di telefonate. Il 4 marzo, non a caso. Il giorno prima, il Comitato tecnico scientifico ha sollecitato la chiusura di Nembro e Alzano, e due giorni dopo il presidente Silvio Brusaferro lo conferma. Per gli scienziati, dunque, in quel momento va arginato il fazzoletto di valle, anche se il Covid ha già varcato i confini. Il 3 marzo, secondo il report regionale i contagi sono 372, a Nembro 58, a Bergamo 33, ad Alzano 26, i morti sono 13. Il giorno dopo sono 423, a Nembro 60 e ad Alzano 27, i morti 16. La zona rossa sembra cosa fatta, ma non si fa. Intanto, i numeri crescono ancora. Il premier ha spiegato ai pm che non aveva più senso limitarsi ai due comuni. La sera del 7 marzo, ha riferito, lo stesso Comitato tecnico scientifico suggerisce una chiusura più ampia. «I contagi erano ormai estesi a numerosi paesi, quindi sarebbe stato inutile limitarsi a due sole aree», le parole di Conte.
Ai pm ha anche detto che il decreto «fu condiviso con la Regione che mandò le proprie osservazioni». Una difesa dalle versioni ai pm dell’assessore regionale Giulio Gallera e del presidente Attilio Fontana, che hanno rimpallato al solo governo l’onere della mancata chiusura.
Ma prima della decisione definitiva, agenti e militari sono rimasti appesi a un ordine che non arrivava. «Pare di sì, ma non lo sappiamo nemmeno noi», rispondevano alla domanda se fosse la sera buona per la zona rossa. Sembrava riservatezza, invece era la verità. Sono anche i giorni in cui si rincorrono voci di sopralluoghi e, complici le social sentinelle, circolano immagini incontrollate di mezzi dell’Esercito in uscita dall’autostrada. Intanto, il 5 marzo i contagi sono 537, a Nembro 71, a Bergamo 54, ad Alzano 35, e i morti sono 22, sempre secondo il report regionale. Il giorno dopo sono 623, a Nembro 74, a Bergamo 71, ad Alzano sono fermi a 35, e i
Venerdì negli hotel Il 6 marzo arrivano altri agenti e militari: chiudere i due comuni è ancora una possibilità
Sabato in attesa Ancora in mattinata gli ufficiali sono pronti a guidare le pattuglie, ma in serata la svolta
morti sono 43. Il 6 marzo, venerdì, irrompono i segnali di una svolta. I rinforzi arrivano davvero e non passano inosservati per la loro consistenza numerica. Al Palace Hotel di corso Europa, a Verdellino, si vedono almeno 100 carabinieri arrivati da Milano con auto, jeep e furgoni. A due chilometri di distanza, all’hotel Continental di Osio Sotto, altri 100 poliziotti sono pronti. Sono stati mobilitati anche 80 militari dell’Esercito e 50 della Guardia di finanza.
Nel primo pomeriggio il clima è ancora abbastanza rilassato. Carabinieri e agenti vanno avanti e indietro, tra pieno di benzina al distributore a pochi metri dall’hotel di Verdellino e ricognizioni congiunte. Scendono con le cartelline in mano, con dentro probabilmente appunti e mappe, e si infilano negli alberghi. «Ci vedrete, ci vedrete», sorride quel giorno uno di loro senza sbottonarsi su Nembro e Alzano. «Sappiamo solo che dobbiamo andare di là», indica il Nord, dove Corso Europa si innesta sulla strada provinciale Francesca. Allora è fatta, sarà venerdì sera. Invece no.
Sabato mattina, la chiusura sembra ancora un’ipotesi. I contagi sono 761, ma la città con 89 casi ha superato Nembro con 83. Al comando provinciale dei carabinieri c’è una conferenza stampa per l’arresto di un ladro seriale. Un ufficiale è in tenuta da «combattimento». Indizi. Non c’è nessuna partita, sembra pronto alla zona rossa. Invece no, nemmeno stavolta. Sabato la svolta arriva ma in senso contrario, ha spiegato il premier ai pm: la curva dei dati indica che va chiusa tutta la Lombardia. A Bergamo, l’ordine definitivo arriva domenica mattina: ritirare le truppe.