L’indagine porta negli uffici comunali
Caso accoglienza, le perquisizioni
Icarabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo si sono presentati negli uffici dei Servizi sociali per acquisire degli atti. Riguardano l’affidamento di un servizio sociale alla cooperativa Pugno Aperto, nel 2018. Non riguarda l’accoglienza dei migranti ma è un filone conseguente all’indagine madre che ha toccato il mondo delle cooperative. Indagati un operatore sociale, una funzionaria e il dirigente del settore. Le difese: «Tutto in regola».
Lo sfogo dell’economo di Rinnovamento per la gestione accentratrice di padre Zanotti
«Bisogna venire su appuntamento». In via San Lazzaro 3, agli uffici dei Servizi sociali del Comune di Bergamo sembra un qualsiasi giorno da periodo Covid. Niente assembramenti, prego, ma tanti bisogni. Invece, attorno alle 10, tra i due o tre immigrati sulla soglia si infilano tre carabinieri del Nucleo Investigativo di Bergamo. «La signora Lazzari?», chiedono. Chi è in cerca di un sostegno dal Comune non li può riconoscere perché arrivano in borghese, ma sente quella richiesta. C’è anche il comandante del Nucleo, Alessandro Fasolino, segnale che la cosa è seria.
C’entra la maxi inchiesta sull’accoglienza dei richiedenti asilo, ma in parte. Quella è l’indagine madre, questo è un rivolo oltre che la conferma della lente messa dalla procura sul mondo bergamasco delle cooperative e delle onlus. In questo caso, per vederci chiaro su un servizio affidato alla cooperativa Pugno Aperto, per il settore sociale non legato ai richiedenti asilo, nel quartiere di Grumello al Piano, dal maggio 2018 al dicembre 2019, per circa 70 mila euro. I carabinieri sono usciti dagli uffici con una scatola di documenti e fatture, per verificare se a fronte del pagamento il servizio abbia rispettato i tempi e le condizioni dell’affidamento. Con l’ipotesi di abuso d’ufficio e truffa, il dubbio è che non tutto torni o non abbia seguito la giusta procedura.
A spiegare come stanno le cose, se lo vorranno, sono state invitate tre persone che hanno ricevuto l’avviso di garanzia. La signora Lazzari di cui chiedevano i carabinieri all’ingresso di via San Lazzaro 3, è Elena Lazzari, la responsabile dei Servizi sociali per minori, anziani, adulti e famiglie. «È totalmente estranea ai fatti», taglia corto il suo avvocato Francesca Longhi.
In ufficio, ha ricevuto l’avviso di garanzia anche Gaspare Passanante, responsabile della Direzione risorse umane e servizi alla persona, quindi ogni atto passa sotto la sua firma. È disposto a chiarire tutto al pm Fabrizio Gaverini già settimana prossima: «Sicuramente si farà interrogare, anche senza aver ancora visto tutti gli atti possiamo dire che si tratta di un equivoco», anticipa il suo avvocato Gianluca Quadri senza entrare nel dettaglio.
Dei tre, l’aggancio con il mondo delle coop sociali è Omar Piazza (cercato, non è stato possibile parlare con il suo avvocato Valeria Cominotti) che già figura nel filone Ruah/Diakonia dove l’ipotesi per più persone è di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, alla turbativa d’asta, all’inadempimento dei contratti di pubbliche forniture e allo sfruttamento del lavoro. Queste sì collegate all’emergenza accoglienza che in Bergamasca aveva portato un picco di 2.672 migranti nell’estate 2017. Ma anche, di conseguenza, contributi e rimborsi a chi gestiva i centri.
Piazza è marito della presidente di Pugno Aperto ed è il referente della cooperativa per l’area adulti, oltre che componente del cda della cooperativa Ruah. Nomi di realtà protagoniste del mondo sociale bergamasco e sulle quali, anche per il loro tornare in più occasioni, gli investigatori hanno puntato l’attenzione.
Su due bandi del Comune di Bergamo, per esempio, finiti in un’ipotesi di turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente sui quali, alla fine, non sarebbero emerse irregolarità di rilievo penale. L’aggiudicazione del servizio Sprar per l’accoglienza dei migranti e il piano operativo di inclusione con progetti del terzo settore.
La prima finita all’Ati composta da Diakonia, Ruah, il Solco Città Aperta e il secondo all’Ati Opera Bonomelli, Diakonia, Ruah, Pugno Aperto, Bessimo, Con-Tatto, Patronato San Vincenzo. Ma al di là dei progetti di inclusione sociale, è il mondo dell’accoglienza al centro dell’indagine. Soprattutto, le rendicontazioni.
E sta proprio nei report da presentate alle Prefetture per giustificare come venivano spesi i soldi che secondo le indagini si annidavano i magheggi, per avere i rimborsi: nel filone della cooperativa Rinnovamento con a capo il frate cappuccino Antonio Zanotti (ai domiciliari) come nel filone Ruah-Diakonia di Caritas Bergamo, con a capo don Claudio Visconti. È lui che ad aprile 2018 dice a un collaboratore di caricare «anche le ristrutturazioni che abbiamo fatturato prima». Gonfiare i costi, è la traduzione investigativa. Come i 50.000 euro di affitti in ipotesi inesistenti perché le strutture sono della Diocesi.
Due personalità forti, don Zanotti e don Visconti. Preti che gestiscono e decidono. Non sempre cosa gradita ai collaboratori. «È lui che ha potere di spesa, che va in banca, preleva, non ci stiamo più a fare queste cose, io non vado in galera per lui», parla del frate l’economo Giovanni Trezzi (ai domiciliari). Si sfoga: «Prendono ordini. Siamo in una situazione dei Casamonica». Si lamenta ma, è un appunto del gip nell’ordinanza, non denuncia mai.
«I Casamonica»