Blitz al porto intitolato a Riva
Nove misure cautelari nell’inchiesta sul Porto di Rapallo, creatura dell’ingegnere Carlo Riva. Nei guai anche il presidente del Cda, Andrea Dall’Asta, genero dello stesso Riva. Tra le accuse il traffico illecito di rifiuti e la violenza privata aggravata dal metodo mafioso.
«Incredibile, se penso alla persona meravigliosa che era l’ingegner Carlo Riva». È questo commento social (firmato) che, più di tutto, inquadra una vicenda doppiamente dolorosa riferita al Porto di Rapallo, il primo porto turistico d’Italia, creatura dell’imprenditore bergamasco, scomparso nell’aprile di tre anni fa. Due tempeste. Quella di mare aveva distrutto 435 imbarcazioni ormeggiate nel porto nell’ottobre del 2018. E ora quella giudiziaria ha portato all’esecuzione di 9 misure cautelari. Nei guai, su ordine del gip di Genova Claudio Siclari, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia locale, sono finiti, insieme a manager e imprenditori, la direttrice del porto Marina Scarpini e il presidente del Cda, Andrea Dall’Asta, genero dello stesso Carlo Riva, avendone sposato la figlia Pia. Per gli indagati, a vario titolo, accuse pesanti: attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato in concorso, violenza privata aggravata dal metodo mafioso, omicidio colposo, calunnia, illecita concorrenza con violenza e minaccia e intermediazione illecita di manodopera. La complessa ricostruzione dell’operazione «Caronte», prende il via proprio con la mareggiata che aveva colpito Rapallo, con la distruzione di centinaia di yacht e imbarcazioni. La furia delle onde li porta al largo, li fa affondare ed è sul recupero e smaltimento dei relitti che si allungherebbe l’ombra della mafia. Secondo le indagini, Roberto Lembo, ingegnere di un’azienda napoletana, propone al «Carlo Riva» di avvalersi delle società legate all’imprenditore Pasquale Capuano per smaltire i relitti. Per risparmiare soldi e tempo (quindi senza precauzioni per l’ambiente né autorizzazioni), secondo le indagini il trasporto avveniva spacciando i relitti per barche dirette in cantiere per manutenzione. I relitti, in realtà, sono stati interrati in tre discariche abusive: a Massa, a Carrara e a Giugliano (Napoli). Capuano e i vertici della Porto Riva sono indagati anche per omicidio colposo per la morte di un sub, durante le operazioni di rimozione dei relitti a Rapallo, utilizzato come operaio. Non solo. Per i carabinieri del comando provinciale di Genova, Andrea Dall’Asta, Marina Scarpino e collaboratori avrebbero tentato di depistare le indagini, inviando esposti anonimi per spostare le attenzioni sulle amministrazioni di Rapallo e Santa Margherita.