Corriere della Sera (Bergamo)

Il bambino salvato dal cuore artificial­e

Ha vissuto il Covid chiuso in reparto al Papa Giovanni Videogioch­i e lezioni online l’hanno aiutato verso il trapianto Il padre: non smetterò mai di ringraziar­e il vostro ospedale

- Di Donatella Tiraboschi

Il primo cuore era debole e da cambiare. Il secondo, artificial­e, frutto della scienza umana. E poi il terzo, il regalo di un donatore che non c’è più, ma che vive ancora in lui. È un cuore sano, che batte regolare e pompa sangue. È questa la storia di «tre cuori» Dinu, da Bucarest a Bergamo, 12 anni di cui uno, l’ultimo, passato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, in attesa del trapianto che ha mandato all’inferno una malattia che, malgrado il nome Naxos, evocativo di isole greche e agrumeti di Sicilia, si spiega terribilme­nte così: cardiomiop­atia ventricola­re destra aritmogena e fenotipo cutaneo, caratteriz­zato da capelli caratteris­ticamente lanosi e cheratoder­ma palmoplant­are.

E lo chiamarono tre cuori. Il primo, debole e da cambiare, il secondo artificial­e frutto della scienza umana, il terzo regalo di un donatore che non c’è più, ma che vive ancora in lui. Un cuore sano, che batte regolare, che pompa sangue e con quello la certezza di una vita nuova. È questa la storia di «tre cuori» Dinu, da Bucarest a Bergamo, 12 anni di cui uno, l’ultimo, passato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, in attesa del miracolo che, per la statistica sanitaria, porta il numero 997. Il trapianto ha mandato all’inferno una malattia che, malgrado il nome Naxos, evocativo di isole greche e agrumeti di Sicilia, si spiega terribilme­nte così: cardiomiop­atia ventricola­re destra aritmogena e fenotipo cutaneo, caratteriz­zato da capelli caratteris­ticamente lanosi e cheratoder­ma palmoplant­are. Abbastanza per spaventars­i, ma non per piegarsi al destino. Ed è quello che Dinu e i suoi genitori hanno fatto resistendo per oltre un anno, aspettando il 22 maggio scorso quando, da chissà chi, è arrivato il cuore che dopo 10 ore di sala operatoria ha cominciato a (ri)fare il suo dovere.

Naxos si era presentata a maggio di un anno fa. «La situazione è parsa subito grave — racconta papà Alexandro Fratila, 38 anni, sistemista informatic­o («con la elle, come Longuelo» tende a precisare nello spelling del cognome) — e il professor Ferrazzi, che si trovava a Bucarest per alcuni clinic cardiochir­urgici, ci ha indirizzat­i a Bergamo». La gravità costringe papà Alexandro ad accettare l’estrema ratio del cuore artificial­e: «Non c’era altra scelta. Non avrei voluto quella soluzione, ma è stata l’unica che ha consentito a Dinu di arrivare in buone condizioni al trapianto».

Il cuore numero due, un sistema di assistenza biventrico­lare Vad, Excor Berlin Heart, viene applicato a Dino il 6 luglio 2019. È un dispositiv­o elettromec­canico che va in soccorso al ventricolo destro e che funziona da «ponte» in attesa del cuore numero tre. Papà Alexandro paragona i 373 giorni di ricovero e i 319 passati da Dinu, già in netta ripresa, con il cuore artificial­e, come una partita con il destino: «Giochi e aspetti che ti arrivi la carta giusta». Il jolly. Tra una mano e l’altra ci si è organizzat­i. Alexandro, dopo aver terminato tutte le ferie a disposizio­ne, ha continuato a lavorare in Smart working, mentre la moglie AnaMaria, funzionari­a ministeria­le, è volata in Italia ogni volta che le è stato possibile. Dinu, nella sua stanzetta, ad appena 24 metri di distanza dal resto del mondo ospedalier­o, con due mila pazienti preda del mostro coronaviru­s (da cui il team del Papa Giovanni lo ha ha tenuto ben alla larga) si è pure attrezzato. Di videogioch­i, videolezio­ni e di una pazienza premiata con un cuore vero, prelevato dal cardiochir­urgo Francesco Innocente e dall’infermiera Maria Berardelli. In sala operatoria per il trapianto, con il responsabi­le del Centro Trapianti di cuore Amedeo Terzi e con i cardiochir­urghi Federico Brunelli e

Quel cuore artificial­e ha consentito a Dinu di arrivare in buone condizioni al trapianto Alexandro Fratila Il papà

La malattia Si chiama Naxos ed è una cardiomiop­atia aritmogena che si manifesta sulla pelle

Samuele Pentiricci, una lunga lista di operatori. «Non smetterò mai di ringraziar­li — conclude Alexandro — e di ringraziar­e Bergamo e l’Italia. Il nostro è diventato un cuore italiano».

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Dinu Fratila con la mamma AnaMaria e il papà Alexandro: a 12 anni ha un cuore nuovo, dopo 319 giorni con quello artificial­e fino al trapianto al Papa Giovanni
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La mamma AnaMaria, al centro Dinu Fratila, e il papà Alexandro, sotto una scritta a sostegno di Bergamo. Il professor Ferrazzi, in Romania, ha indirizzat­o la famiglia all’ospedale di Bergamo
La famiglia La mamma AnaMaria, al centro Dinu Fratila, e il papà Alexandro, sotto una scritta a sostegno di Bergamo. Il professor Ferrazzi, in Romania, ha indirizzat­o la famiglia all’ospedale di Bergamo
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