Migranti, bufera su Carnevali
Per piegare volantini nella sede pd, chiese «esseri umani» alla Ruah. La replica: tutto limpido
«Riesci a darmi braccia, esseri umani che mi aiutino a imbustare?». La richiesta, nel 2018, della deputata pd Elena Carnevali alla cooperativa Ruah, con una donazione di 150 euro, è finita nelle intercettazioni dell’inchiesta sui migranti. Nessun illecito, ma è scoppiato il caso politico. Lei si sfoga su Facebook: «Rendicontato, tutto alla luce del sole, per me erano dipendenti. Solo fango».
Per la Procura non ha rilievo penale. Politicamente, è uno scossone. Migranti, un argomento già facilmente attaccabile, reclutati dalla deputata pd Elena Carnevali per imbustare i volantini della campagna elettorale 2018, con una donazione di 150 euro alla cooperativa Ruah che gestisce l’accoglienza.
Fisioterapista, 55 anni, nel 2004 assessore alle Politiche sociali, alla seconda legislatura, nel 2016 nella commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e dei centri, e dal 2018 nella commissione Affari sociali. «La goccia scava la roccia» è il motto (del marito) che riporta sul suo sito.
Ora, spuntano le intercettazioni che la riguardano. Ora che è venuta a galla l’inchiesta dei carabinieri iniziata nel 2018 sull’accoglienza dei migranti, con 38 avvisi di garanzia a preti e laici collegati alla cooperativa Ruah e all’associazione Diakonia di Caritas, e con tre arresti nella coop Rinnovamento, filone principale.
Nulla che riguardi la parlamentare. É finita negli atti per alcune conversazioni con il presidente della Ruah, Bruno Goisis, intercettato. Comunque, nessun illecito su questo episodio. É un caso politico.
Ventiquattro febbraio 2018, a sette giorni dalle elezioni politiche la deputata ha bisogno di aiuto per imbustare i volantini. In un pomeriggio, in tre ne hanno sistemati 800 ma ne mancano altrettanti. Allora prende il telefono, chiama Goisis e gli chiede rinforzi. Ne parla in termini di «braccia» ed «esseri umani», e poi «ragazzi». Tre o quattro. Insiste e insisterà per pagarli. Alla fine, verserà 150 euro alla cooperativa. Inizia tutto dalla telefonata delle 18.21.
Carnevali: «Ciao, senti, ho un’urgenza e ho bisogno di chiederti una mano in questo senso, tu riesci a darmi la disponibilità di avere tre braccia, cioè tre o quattro esseri umani, domani un paio di ore che mi aiutano ad imbustare, poi io i soldi li do a te, ci pensi tu a trovare il modo».
Goisis: «Si, non ti preoccupare, dove?»
C: «Dici che si può fare un’operazione così?»
G: «Si, si, si, si, ma devi dirmi dove e a che ora»
L’appuntamento è alla sede del Pd provinciale in via San Lazzaro, dalle tre alle sei. Gli aiutanti arrivano da Casa Amadei, una parte è adibita a centro accoglienza, in via San Bernardino.
La deputata chiede di pagare e come fare, anche due giorni dopo, quando i ragazzi sono lì al lavoro.
C: «Gli posso dire che però dopo io mi arrangio con te, perché non mi va di dire “grazie arrivederci”».
G: «Certo, loro lo sanno, loro lo sanno».
Lei parla di 200 euro, lui la invita più volte a non preoccuparsi.
C: «Va bene, vi lascio 200?» G: «A chi?»
C: «A te da dare ai ragazzi». G: «No, non funziona così, onorevole non funziona così, tu non preoccuparti,tu fagli fare le cose che servono poi ci vediamo. Sono miei dipendenti, punto».
Come venissero gestiti soldi e lavoro, chi fossero questi ragazzi, se ospiti o dipendenti, se siano stati pagati dalla cooperativa, non è dato saperlo. Non ci sono stati appostamenti o controlli incrociati, salvo sul bonifico alla Ruah. Solo le conversazioni. Come funzionava, potrebbe chiarirlo il presidente della cooperativa, ma con l’indagine in cor
❞ Lo sfogo Macchina del fango, dove è il problema? Fossero stati italiani non ce ne sarebbero
Contro il Carroccio Polemica che rientra nella loro idea che gli immigrati non lavorino, così fanno propaganda
so ritiene non sia il caso di spiegare ai giornali. Allora si sa quello che dicono le trascrizioni.
Cioè che il 26 febbraio, sollecitato dalla parlamentare, il suo collaboratore chiama Goisis per capire come pagare, lui ribadisce che gli ingaggiati sono «nostri dipendenti», gli dice di «non dare niente ai ragazzi» e che la Carnevali pensi a fare la deputata, come augurio. Saranno state poche ore, ma lei non vuole lasciare la faccenda in sospeso e il 30 marzo, rieletta, richiama il presidente della Ruah.
C: «Non ho più onorato la disponibilità dei ragazzi quando sono venuti a fare l’imbustamento».
G: «Ti farò sapere Elena, tu non preoccuparti, inizia a fare la deputata per 5 anni».
C: «Quanto conviene dargli, dimmelo tu».
G: «Due ore in quattro, sono otto ore, sono 70- 80 euro ma non di più, noi in genere diamo...».
Allora erano dipendenti oppure ospiti a cui venivano affidati dei lavoretti? Poco cambia, ai fini dell’indagine (fossero richiedenti asilo, potrebbero lavorare e stare nel centro se non guadagnano più di 4.800 euro all’anno). Qui si parla di altre cifre. La parlamentare propone 150 euro e chiede se può fare una donazione. Accordato. Si parla della sottoscrizione ad un progetto in Senegal. Alla fine, secondo le indagini, il 10 aprile il bonifico su un conto della Ruah sarà «Erogazione liberale per Orto Botanico».
Cercata ripetutamente, non è stato possibile parlarle. Si è affidata a Facebook. Versione e sfogo (politico). «È tutto in regola e rendicontato, alla luce del sole: ho pagato tramite bonifico il contributo (150 euro) alla cooperativa Ruah per il servizio che mi hanno fornito queste persone che — come si legge nelle intercettazioni — erano state dichiarate dipendenti. Ho anche insistito più volte per un pagamento». Ce l’ha con chi ha parlato di «sfruttamento». «Se ad aiutarmi ci sono italiani certificati, nessun problema. Se invece sono stranieri allora è sfruttamento». E, soprattutto con la Lega che ha subito commentato: «Questa polemica rientra in pieno nella loro idea di gestione dell’immigrazione, secondo cui gli immigrati non devono lavorare ma devono restare inattivi, per continuare ad alimentare la loro propaganda». Le braccia di cui parla nelle intercettazioni — dice — «si sono intrecciate alle mie. Per me erano innanzitutto “esseri umani e ragazzi”. Bianchi o neri, italiani o stranieri, poco importa». Parla di «macchina del fango», è ferita da chi «rinnega e travisa la mia storia, la mia vita da sempre in prima linea nell’attività sociale». Ne sta già pagando le conseguenze, dice: «Lo vedo già nei messaggi offensivi e minatori».