Strage di Albizzate, si cercano le tracce di interventi abusivi
Mamma e figli travolti dal tetto. Il mistero delle crepe Il dolore del padre: «Avrei dovuto morire anch’io»
ALBIZZATE (VARESE) Non c’è niente da domandare, al 40enne Nourredine Hannach. Lo stesso console generale del Regno del Marocco a Milano, Bouzekri Raihani, che l’ha incontrato in mattinata, l’ha ascoltato e basta, garantendo ogni supporto possibile, a cominciare dalla difesa legale. «Era ancora sotto choc, e molto. Ma ho avuto l’impressione di avere davanti un uomo forte, che riuscirà a superare questa infinita tragedia».
Non ha scelta: deve farlo per proteggere l’unico figlio che gli è rimasto, dicono gli amici di Nourredine, meccanico in un’officina che ripara camion a Caronno Varesino. Il sopravvissuto è il maggiore, ha 9 anni. Lui, il fratello Soulaymane, di 5 anni, e la sorellina Yaocout, venuta al mondo 14 mesi fa, alle 17.30 di mercoledì erano insieme alla mamma Fauzia, 38 anni. In via Marconi, ad Albizzate, in provincia di Varese. Diretti al supermercato per la spesa della cena. Il tetto di un ex cotonificio, riconvertito in spazi per locali e uffici, è crollato. Soulaymane e Fauzia hanno perso immediatamente la vita; per Yaocout, che era nel passeggino, quaranta inutili minuti di tentativi di rianimazione.
La discesa del tetto è stata improvvisa. La Procura di Busto Arsizio, che indaga per omicidio e crollo colposo (pm Nadia Calcaterra, al lavoro il Reparto operativo dei carabinieri di Varese), attende i risultati dei rilievi, condotti con l’ausilio di droni e autoscale per confrontare dall’alto lo stato delle due strutture speculari separate dalla strada: da una parte il supermercato, rimasto integro, e dall’altra l’immobile devastato. La pm ha guidato un secondo sopralluogo accompagnata dai tecnici: c’è stato un cedimento strutturale e bisogna capire per colpa di chi. Lo stabile era stato ricostruito negli anni Novanta. Nelle carte acquisite all’ufficio tecnico del Comune, non vi sono evidenze di lavori recenti ma questo non esclude che possano lo stesso essere avvenuti, senza comunicarlo: interventi abusivi, mal seguiti, oppure bisognosi di manutenzioni mai avvenute. Per esempio: è stata e sarà dedicata enorme attenzione all’installazione del sistema di aria condizionata, mentre sono in corso verifiche su un presunto recente sopralluogo di muratori per esaminare alcune crepe. Il numero dei testimoni ascoltati in caserma ha raggiunto il numero dei 15. Sentiti (soprattutto) il proprietario dello stabile, un imprenditore della zona, e il sindaco Mirko Zorzo, l’altroieri sfiorato dai blocchi di cemento armato, in quanto presente al momento del cedimento, così come i dipendenti del ristorante «Lo Sfizio». Retorico sottolineare che sarebbero bastati orari e giorni diversi, ovvero quando il fronte del locale è affollato di clienti, per incrementare ulteriormente le dimensioni della strage.
Via Marconi è una di quelle strade che una famiglia, nel corso della sua esistenza, percorre migliaia di volte. L’inerzia della quotidianità. Fauzia non lavorava, doveva stare con i bimbi, non potendo contare sull’appoggio dei genitori o dei suoceri, rimasti a Casablanca. Nourredine in queste ore è sempre scortato dagli amici, a testimonianza della straordinaria compattezza della comunità marocchina, che ha fatto più da blocco che da filtro. I pochi che hanno scelto di confidare qualcosa all’esterno, riferiscono di spezzoni di frasi pronunciate dal 40enne, che nell’immediatezza dei fatti, quand’è arrivato e non ha trovato più nessuno (sepolti dalle macerie moglie e figlia, allontanato da passanti e messo al sicuro al supermercato il primogenito), ha pensato che avrebbe dovuto morire anche lui. Dopo aver abbracciato il bambino, l’ha accompagnato da amici. Attende di raccontargli che sono rimasti soli, sempre che il piccolo già non abbia capito. Ha 9 anni, certo, ma i figli delle famiglie di immigrati crescono più velocemente.