La Prefettura disse stop ai migranti senza i titoli
Il cambio di rotta sull’accoglienza nei centri
«Non si può più fare». Il diktat dalla Prefettura arriva a marzo 2018, dopo l’intervento della Corte dei conti e dell’Anac su Taranto. Basta con le proroghe di sei mesi: se il migrante diventa rifugiato deve lasciare il centro. Nelle intercettazioni, le proteste delle coop. Ieri, interrogato il viceprefetto: «Nessuna pressione politica» .
«Guarda che adesso a Taranto hanno messo sotto accusa la Prefettura, è stato Cantone che ha detto assolutamente... addirittura ha fatto le pulci sulle proroghe». Cantone è Raffaele, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) che, dopo una verifica della Corte dei conti, indica criticità sulla Prefettura e sul Comune di Taranto relative ai servizi per i migranti.
Il 16 marzo 2018, al presidente della cooperativa Ruah, Bruno Goisis, lo spiega la funzionaria della Prefettura Francesca Iacontini. È nelle intercettazioni dell’inchiesta sui migranti, con la Ruah e l’associazione Diakonia di Caritas coinvolte. Un vortice di telefonate, in quei giorni. Dalla Prefettura stanno arrivando le revoche dell’accoglienza ai richiedenti asilo che, ricevuto lo status di rifugiato, in 15 giorni dovrebbero lasciare il centro di accoglienza. A Bergamo, fino a quel momento sono concesse proroghe di sei mesi. Ma dopo l’intervento di Anac, tutto cambia. La Prefettura non transige, i gestori sono in subbuglio. La funzionaria è dispiaciuta, ha dovuto far partire le revoche, «l’ha detto Adriano».
Adriano Coretti, il viceprefetto tra i 38 indagati sentito dai carabinieri, dalle 12 alle 17. «Abbiamo offerto tutti i chiarimenti del caso con la massima trasparenza — spiega l’avvocato Marco Saita —. Come uomo delle istituzioni, il mio assistito ha sempre esercitato il proprio dovere anche nell’ambito dell’emergenza immigrazione». Sulle proroghe e, più in generale, sui rapporti tra Prefettura e cooperative, i carabinieri annotano che «sostanzialmente quello che viene segnalato dal compendio delle indagini è la grave autodelegittimazione dell’Ente in virtù dell’omessa funzione di controllo, condizione agevolata e favorita da rapporti distorti e amicali così come è sinora emerso».
Rapporti giustificati dai contatti quotidiani, li ha spiegati Coretti. Che ha motivato la nuova rotta sui rifugiati con una diversa valutazione giuridica: in un primo tempo, per un breve periodo, le prefetture di Bergamo e Milano avevano applicato una valutazione estensiva. Quando il numero dei richiedenti asilo che raggiungono lo status inizia ad aumentare, si decide che non si può più transigere. È lui, il 12 marzo, ad annunciarlo a Goisis: «La storia dei sei mesi non sta più in piedi. Siamo l’unica Prefettura d’Italia punto, quindi non si può». Per Ruah-Diakonia significa 100 persone da mandare via (in realtà il numero pare fosse intorno ai 50). Il prefetto ha già firmato trenta revoche.
Tre giorni dopo, Coretti alza i toni in una telefonata che i carabinieri riassumono con «pressioni di vari “poteri” esercitate sulla Prefettura di Bergamo, segnatamente quelle del sindaco Gori Giorgio e del prefetto Morcone Mario (capo dipartimento immigrazione Ministero Interno
ndr)». Coretti, ieri, ha parlato di preoccupazioni alla prospettiva che le persone che ottenevano lo status si ritrovassero sulla strada. Quel giorno, il presidente della Ruah gli chiede di spiegare la novità a don Claudio Visconti, allora direttore della Caritas, ritenuto il promotore dell’associazione per delinquere finalizzata alla truffa sull’accoglienza dei migranti. «Non cominciamo a rompere i coglioni voi e Gori — lo stoppa il viceprefetto —. Perché altrimenti la denuncia alla Corte dei Conti la faccio io a voi, eh. Abbiamo scherzato anche troppo su questo argomento». Dice che «è stato fatto un gioco sporco con Morcone su questa cosa qua, io non ci sto più», che «questa gente non deve stare più a spese dello Stato qui dentro», che «non è più aria per queste cose qua»,
L’avvertimento «Se esce che Caritas vuole tenerli a spese dello Stato comunque? Un assist a Belotti»
che «sennò il messaggio qual è, sai qual è la traduzione brusca e antipatica, che la Caritas se li vuole tenere ugualmente a spese dello Stato pur non avendo più titolo» e che se esce sui giornali «date un assist a Belotti (Daniele Belotti, Lega, ndr)».
Goisis chiama don Visconti, che alza le barricate: «Io direi a tutti i ragazzi di rifiutarsi». Al presidente della cooperativa Ubuntu rievoca il precedente del 2016: «Abbiamo fatto un po’ casino per cui sono intervenuti Gori, parlamentari bergamaschi, è uscito l’ira di Dio, hanno bloccato tutto e adesso sono ripartiti». Cerca il confronto con Giovanni Trezzi, della coop Rinnovamento, ora ai domiciliari come don Antonio Zanotti e la presidente Anna Maria Preceruti. E ad aprile scrive una mail alle altre cooperative per farsi sentire.
I carabinieri annotano tensioni con la Prefettura ma anche situazioni lasciate correre. Come la «spartizione», così negli atti, tra Rinnovamento e Ruah-Diakonia dei migranti sloggiati da Valleve dopo le proteste in strada. Era un fattore prettamente logistico — ha spiegato Coretti —, perché a prescindere dalle graduatorie non tutte le strutture erano in grado di assorbire certi numeri, inoltre la normativa indicava alcuni criteri da rispettare, come sesso e nazionalità. Sotto la lente è finito anche il centro di Cenate Sopra: «Doveva essere chiuso da subito perché non ’era nel bando», dice una funzionaria intercettata. Inizialmente su Cenate c’era stata una richiesta di conversione a Sprar e si pensava che un numero di immigrati sarebbe rimasto lì, è la spiegazione di Coretti. Ma Cenate e il Patronato erano destinati al progressivo svuotamento con i tempi necessari per trovare posti e operatori.
Tensioni e battute amichevoli. Una, letta oggi, sembra una premonizione. «Tu pensa l’appuntato Gargiulo che ci sta intercettando da quattro anni — Coretti a Goisis — , sai che poi ci diranno che eravamo dei criminali, no? Cioè nel tentativo di sistemare le persone e toglierle dalla strada ci diranno pure che abbiamo fatto e… che io ho violato... quello andrà a finire così».