L’orchestra: «Suonare qui per noi è come pregare»
L’emozione alle prove con il coro che sarà disposto sulla scalinata
Composta sacralità, al famedio. In cima alla scalinata la porta aperta in ferro battuto fa intravedere il tabernacolo, pronto ad accogliere la Messa da Requiem di Gaetano Donizetti. La musica è intensa: teatralità e sacralità abbracciano il camposanto.
Ieri le prove della cerimonia commemorativa, organizzata dalla Fondazione Donizetti e dal Comune per onorare le vittime del coronavirus, hanno dato l’idea di quanto accadrà stasera.
Bergamo in diretta su RaiUno alle 20.35, davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ai sindaci bergamaschi (13 assenti su 243), dicantato venta simbolo nazionale di un dolore collettivo. Solo nella nostra provincia si contano circa 6 mila vittime. Morte in silenzio, senza un degno commiato.
Quello che si sente ascoltando l’orchestra, diretta da Riccardo Frizza, il coro, guidato da Fabio Tartari, e i solisti è sentimento per l’anima. Difficile trattenere l’emozione.
«Non lo vivo come un momento di lavoro, ma di preghiera religiosa o laica, davanti a un pubblico simbolico», commenta il basso bergamasco Alex Esposito. Tra i pezzi che eseguirà l’Oro supplex, un momento intimo, con voce sommessa. «È un atto di preghiera che si rivolge all’io», continua il basso.
Un io che diventa polifonico. In questo Requiem è dominante il coro, disposto sulla scalinata. Alle spalle il famedio, illuminato da luci e candele e con alcune colonne vestite di tricolore.
La coralità amplifica la potenza di questa messa laica, «celebrata» per commemorare un lutto comunitario, per salutare chi se ne è andato all’improvviso, lasciando rimpianto, che la musica, a suo modo, può consolare.