DOLORE E ORGOGLIO
La serata con il presidente della Repubblica per onorare la memoria delle seimila vittime bergamasche del Covid è stata un evento di struggente commozione, intenso nelle musiche di Donizetti suonate dall’orchestra della sua Fondazione, dolcissimo nel manzoniano Addio, monti letto dal direttore artistico Francesco Micheli. Bergamo, che con la presenza non scontata di Mattarella ha sentito l’abbraccio di tutta Italia in diretta su Rai1 (è stato il programma più visto), ha chiuso con compostezza e stile la sua partita più difficile. I toni giusti, non una virgola fuori posto, la scenografia essenziale che si è sovrapposta alle immagini delle processioni di camion militari pieni di bare, «un funerale di Stato senza Stato», come scrisse Francesco Battistini. L’ultimo atto di questa tragedia, con la presenza dello Stato nella sua carica più alta, ha avuto il valore di una carezza dopo quattro mesi di dolore, di lotta senza tregua nelle terapie intensive, di angoscia che si respirava nelle case. Poi la solidarietà diffusa, l’ospedale da campo realizzato dai volontari in una settimana. La reazione della nostra terra è diventata un simbolo nel mondo e la cerimonia al Cimitero Monumentale ne è stata il sigillo. C’era bisogno di questo momento per dare il saluto negato ai nostri cari, saliti su un’ambulanza e tornati dentro a un’urna, cremati chissà dove. Era necessario per elaborare tanti lutti e segnare un punto e a capo. Per ricominciare, finalmente. Senza dimenticare.