Quell’atmosfera da oratorio e la normalità
Dopo qualche giorno di surreali polemiche sull’Atalanta «che corre troppo», la partita di Udine ha chiarito — se ce ne fosse stato bisogno — i termini della questione: l’Atalanta non corre più di altre squadre, corre meglio e corre quando serve. Sovrapponendo i match con la Lazio e con l’Udinese, si capisce una cosa: l’Atalanta cerca da sempre di fare il proprio gioco, ma i risultati di questo straordinario periodo derivano dalla capacità di adattarlo all’avversario. Con la Lazio, aggrediti e messi sotto di due gol in un quarto d’ora, Gomez e soci hanno dovuto tirare fuori una performance ai limiti. La Lazio li ha sfidati usando le loro armi: pressing e velocità. Gli sono tornati indietro come un boomerang. L’Udinese è stata più prudente: ritmi bassi e contropiede. L’Atalanta si è adeguata: niente corsa ma un costante, inesorabile dominio del gioco. E, impossibilitati ad arrivare sotto porta, hanno risolto la partita con i tiri da fuori (e con quel geniale lancio di Gomez a Zapata). Intelligenza, varietà e preparazione. Altro che doping. Se in tutto l’ambiente nerazzurro esiste un doping è l’invidiabile leggerezza che si respira intorno all’Atalanta. In quale altra piazza, dopo un gol come quello del 2-1, vedete il capitano della squadra mirare alle chiappe del compagno che ha segnato per rifilargli un ironico calcio di scherno? Il siparietto tra Gomez e Muriel dice tante cose sull’aria che si respira nello spogliatoio. Così può succedere che Gasperini mandi al diavolo Muriel per un’azione buttata al vento e lo stesso Luis, cinque minuti dopo, segnato quello che una volta si chiamava un eurogol, corra ad abbracciare l’allenatore che l’aveva sfanculato, come il figliol prodigo che ha posto rimedio a una marachella. Quel Muriel che era stato l’unico a non convincere con la Lazio e che tre giorni dopo diventa match-winner. Qui nessuno è mai sotto processo, tutti hanno una seconda possibilità — ma sono anche tutti sempre e costantemente sotto esame. Si è creata un’atmosfera di pressione positiva, in cui ogni giocatore sa che, anche se sbaglia, può sempre contare sugli altri e sul pubblico. Il che spiega quelle scenette da campo oratoriale. D’altra parte Gasp l’aveva promesso: l’Atalanta doveva riportare il sorriso a un territorio che ha orribilmente sofferto. Lo sta facendo con le vittorie e con l’atteggiamento. Oggi tutti in città sappiamo dare il giusto peso al calcio. L’Atalanta non è l’oppio che cancella il trauma, ma ci regala un momento in cui ci sembra che tutto possa ancora essere normale.