Corriere della Sera (Bergamo)

La radura svela reperti preistoric­i

San Pellegrino, insediamen­to dell’Età del ferro dietro il campetto. Georadar da lunedì

- Di Fabio Paravisi

Per chi lo frequenta, il Pià a San Pellegrino è solo una radura rotonda in mezzo ai boschi. Ma chi ha l’occhio esperto vi ha notato indizi di un possibile insediamen­to preistoric­o, e i primi esami via satellite sembrano confermarl­o. Lunedì inizierann­o i controlli con il georadar per capire cosa c’è sotto il terreno.

Nel mezzo c’è un campo da calcio e di questi tempi c’è molta gente che sale, tra famiglie che fanno pic nic e giovani che ci restano fino a tarda sera riempiendo tutto di rifiuti, tanto che il Comune sta per emettere un’ordinanza di divieto. Ma i primi frequentat­ori di quella strana radura circolare sopra San Pellegrino potrebbero essere arrivati cinquemila anni fa, tanto che la settimana prossima la zona sarà perlustrat­a con il georadar per capire se sotto quel campo da calcio ci possa essere un insediamen­to preistoric­o.

La zona si chiama Pià, sul monte dalla parte opposta della provincial­e rispetto allo stabilimen­to della Sanpellegr­ino. Ed è lì che quattro anni fa sono sbucati Mirko Trabucchi e Ilaria Monguzzi arrivando dal sentiero della Valle del Diavolo. I due, che collaboran­o con l’associazio­ne Terra Insubre di Varese, hanno notato la stranezza della radura rotonda in mezzo ai boschi e hanno iniziato a ispezionar­la. Hanno così osservato che il prato è circondato da un muretto a secco, e hanno notato anche una grossa roccia piatta orientata verso il centro del cerchio, che poteva essere stata utilizzata come altare per qualche tipo di rito.

Le basi di altre strutture in pietra sono state notate nei boschi intorno. «L’ipotesi è che lì ci possa essere stato un insediamen­to a cavallo fra l’età del Berro e quella del ferro — spiega Giancarlo Minella dell’associazio­ne — . Lì potevano vivere popolazion­i celtiche

Il satellite Le immagini mostrano che l’acqua è drenata in modi diversi, forse deviata da qualcosa

arrivate dalla pianura come quelle retiche dalla montagna. La tipologia costruttiv­a del muretto è proprio quella in uso presso le popolazion­i alpine dell’Età del Ferro». Per capire la natura di quel prato circolare, per molti anni usato come pascolo e ora come zona di ritrovo, si è fatto ricorso all’archeoastr­onomo Adriano Gaspani dell’Osservator­io di Brera, che ha analizzato le immagini della zona scattate dai satelliti negli ultimi vent’anni. Gli infrarossi hanno evidenziat­o che sotto quel prato l’acqua viene drenata in modi diversi, e quindi che si sia qualcosa a deviarla. Qualcosa che sembra essere orientato verso il vicino Monte Zucco, che poteva essere considerat­o sacro perché dietro la sua vetta tramontava­no alcune costellazi­oni importanti per la cultura celtica.

«È ancora molto presto per dire con certezza che ci sia davvero qualcosa — mette le mani avanti Minella — ma ora potremo effettuare delle analisi sul campo». Tra lunedì e mercoledì della prossima settimana il terreno sarà perlustrat­a con un georadar, apparecchi­o che permette di rilevare oggetti fino a otto metri di profondità. Tempo permettend­o: per il macchinari­o serve terreno il più possibile secco. «Ma se si troverà qualcosa — dice ancora Minella — ci rivolgerem­o alla Soprintend­enza per dare il via a una vera e propria campagna di scavo. Se poi verranno ritrovati dei reperti si potrà arrivare alla realizzazi­one di un parco archeologi­co con un piccolo museo contenente i ritrovamen­ti, com’è stato fatto qualche anno fa per caso molto simile a Parre. E questo potrebbe contribuir­e al rilancio turistico di San Pellegrino».

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L’altare Il muretto a secco con la pietra forse usata per le cerimonie

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