Corriere della Sera (Bergamo)

Vedere Milano dal lato B

Fabrizio Vangelista: «Racconto la periferia dove sono nato e cresciuto»

- Marta Ghezzi

Come siano andate davvero le cose è difficile capirlo. Sul suo romanzo d’esordio «La festa del giorno dopo» (Morellini), in libreria da pochi giorni, il giornalist­a Fabrizio Vangelista ama far circolare due versioni. Quasi opposte. Dice: «Mai pensato di diventare un narratore». Salvo ammettere che la storia, ambientata in una casa di ringhiera milanese, gli girava nella testa da anni, «forse da quando mi occupavo di nera al Tgcom» (e da allora sono passati almeno dieci anni, oggi segue la comunicazi­one a Palazzo Marino). L’incongruen­za servita su un piatto. Lui non batte ciglio, ci ricama ulteriorme­nte, accenna alle difficoltà di costruire gli intrecci, di seguire i personaggi. Insomma, chissà.

Partiamo dalla storia, a quanto pare covata a lungo.

«Nasce dall’osservazio­ne della periferia milanese, dove sono nato e cresciuto. E che volutament­e non ho abbandonat­o da adulto. Fosse un film direi che ha un’unica inquadratu­ra, camera fissa su una casa di ringhiera, con i ballatoi e la corte centrale, case che ho avuto sotto gli occhi fin da bambino. E un’umanità disillusa che ho incrociato, gente che vive ai margini, arrabattan­dosi, tirando avanti come può. La vicenda è di fantasia, nessuno dei personaggi è reale, ma è costruita su una base di ricordi, di sensazioni, di cose viste, orecchiate».

Tre protagonis­ti, con nomi alquanto sorprenden­ti.

«Pistacchio è un tossico cinquanten­ne, rapinatore fallito, inseguito dai creditori. Sono nato all’inizio degli anni Settanta, anni bui dell’eroina, siringhe, overdose, giovani vite stroncate, ma anche anni delle bande della Comasina, il quartiere che confina con la mia periferia. Lo Zingaro è un ex hippy, finito in galera per errore. Cettina, da Concetta, ha alle spalle un lavoro come operaia. Personaggi inconsapev­oli, per me quasi commoventi. C’è anche il Negro, un ragazzino che trova nel calcio il riscatto, gioca bene, è stato ingaggiato dall’Inter».

La trama si svolge in un torrido ferragosto.

«Entro ancora in gioco io, che soffro tremendame­nte il caldo, ne sono ossessiona­to. Penso che in piena estate, quando l’umidità sale a livelli esagerati, i conflitti possano raggiunger­e punti di non ritorno, e frustrazio­ne e stress emergano con più forza».

Un’unica inquadratu­ra e uno spazio temporale ristretto: come mai questa scelta?

«La scena chiusa enfatizza, aiuta a delineare i caratteri e la trama. Ventiquatt­ro capitoli, come le ore del giorno e la durata del romanzo, durante le quali seguiamo i protagonis­ti intenti a coinvolger­e la casa di ringhiera nei festeggiam­enti per il ritorno dello Zingaro, di nuovo libero».

Quanto emerge Milano? «Onestament­e? Non molto. Geolocaliz­zare avrebbe portato maggiore coinvolgim­ento? Ho corso il rischio, scegliendo una narrazione senza luoghi fisici individuab­ili. Emerge però molto bene una certa milanesità, le classiche tipologie dei vecchi e nuovi milanesi, e soprattutt­o quel lato B della città scomodo, senza glamour, disperato, sensibile, affascinan­te: la periferia che non si può ignorare».

I personaggi «Pistacchio, lo Zingaro e Cettina sono ispirati a persone incontrate, gente che si arrabatta»

 ??  ?? Giornalist­a Fabrizio Vangelista, autore di «La festa del giorno dopo», è nato a Milano nel 1972, vive a Cormano
Giornalist­a Fabrizio Vangelista, autore di «La festa del giorno dopo», è nato a Milano nel 1972, vive a Cormano

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