Ubi, il ruolo di Cattolica e i dubbi sul Car
Ubi, l’incognita Cattolica e i primi dubbi sul Car
Cattolica Assicurazioni starebbe valutando di aderire all’Osp lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi. La compagnia era entrata nel Comitato Azionisti di Riferimento lo scorso febbraio, raddoppiando il proprio pacchetto azionario. Il cambiamento potrebbe dipendere dai recenti accordi con Generali, destinata a diventare azionista di Cattolica al 24%. Se così fosse, la tenuta del Car potrebbe mostrare le prime crepe.
Ben oltre i modesti apporti azionari della prima settimana dell’Ops di Intesa su Ubi (alla chiusura di Borsa di venerdì, erano 12 milioni e 226 mila i titoli apportati complessivamente, pari all’1,072% del capitale sociale di Ubi) e in attesa che l’operazione si scaldi verosimilmente negli ultimi giorni, a fare rumore sono i silenzi ufficiali e le indiscrezioni che si levano attorno ai patti di sindacato della banca presieduta da Letizia Moratti. L’ultima in ordine di tempo, che riguarderebbe la possibile adesione di Cattolica all’offerta, induce serie riflessioni sulla tenuta del Car.
Il Comitato Azionisti di Riferimento, presieduto ormai in solitaria dal notaio Armando Santus (dopo le dimissioni del professor Mario Cera), non più tardi dello scorso febbraio aveva salutato l’ingresso della compagnia di assicurazioni che per garantirsi l’adesione aveva raddoppiato il proprio pacchetto azionario, arrivando a superare, come previsto dallo statuto, la soglia d’ingresso dell’1% del capitale sociale di Ubi. Un rafforzamento, fors’anche inatteso, per la compagine dei grandi azionisti, soprattutto bergamaschi, prontissima fin dalle prime ore nel dichiararsi contraria all’Ops. Ma, dopo quasi cinque mesi, che cosa resta di quel granitico giudizio formulato dai pattisti «carristi» che avevano bollato l’Offerta come «ostile e inaccettabile»? Cattolica potrebbe aver cambiato idea anche per i recenti accordi con Generali in virtù di un dominio partecipativo che vede la stessa Generali destinata a diventare azionista di Cattolica con oltre il 24%. Generali ha come primo socio Mediobanca che è advisor di Intesa Sanpaolo nell’offerta.
Se così fosse, oltre alla quota percentuale che verrebbe meno (l’1% circa) nel Car, potrebbe essere questa stessa mossa a fare da detonatore, sminando quella coesione del Car che, almeno di facciata, pareva essere inscalfibile? È questa la domanda che, neanche troppo velatamente, circola negli ambienti finanziari di Bergamo e dintorni. I regolamenti parlano chiaro: in caso di Offerta pubblica di scambio i patti di sindacato possono fornire degli orientamenti, lasciando liberi i pattisti di decidere se aderire o meno all’offerta a fronte delle valutazioni del caso (cosa che stanno facendo le fondazioni coinvolte attraverso gli advisor). Ma se vale questo «liberi tutti», che senso ha? E soprattutto che peso dare in termini pratici, alle dichiarazioni tonanti della prima ora?