Corriere della Sera (Bergamo)

Coach Vertemati: «Treviglio rimarrà sempre casa mia»

Il coach dopo nove anni ha scelto il Bayern: «Sentivo l’esigenza di lavorare ad alti livelli»

- Michele Gazzetti

Nel basket moderno 9 anni corrispond­ono a un’era geologica, sia per un coach che per una società. In questo lasso di tempo a Treviglio Adriano Vertemati non si è limitato ad allenare. È riuscito a creare un marchio: un esercito di giovani pronti a individuar­e confini (personali, di squadra) e poi valicarli costanteme­nte. Dopo aver proiettato tanti talenti ai vertici, ora però per Vertemati è giunto il momento di salire sul trampolino dell’ambizione: «È stata una decisione molto semplice dal punto di vista lavorativo — spiega al telefono il vice allenatore del Bayern, già al lavoro dalle 8.30 nel suo ufficio —. Ci ho messo 0,1 secondi a scegliere. Sentivo la necessità di lavorare a un livello più elevato».

E dal punto di vista personale?

«Molto complicato, ero combattuto. I legami creati, e poi la parte familiare, la più pesante. Negli anni scorsi però avevo fatto scelte che avevano privilegia­to l’aspetto personale. A questo punto non era più giusto per nessuno».

Com’è stato il giorno della partenza?

«Non lo dimentiche­rò mai. Mai. È stato un momento davvero intenso. Soprattutt­o quando ho salutato mia figlia. Ho pianto. Le abbiamo spiegato che andavo all’estero per lavoro, però è ancora troppo piccola per capire tutto».

E il saluto con la società?

«Ho chiamato i soci, uno a uno, e con il mio staff abbiamo organizzat­o una cena. Messaggi? Tantissimi, è stato un modo per ribadire l’importanza dei rapporti personali che vanno avanti anche quando si smette di lavorare insieme. A Treviglio mi sento davvero a casa, non è una frase fatta. E ci tornerò ogni volta che sarà possibile».

Quando c’è un addio, oltre al dispiacere, a volte si prova anche un senso di liberazion­e.

«Di certo non nei confronti della Blu Basket. Ma nei confronti del campionato un po’ sì... Sono contento di essere in un posto dove c’è un’altra visione. Dall’altra parte da tempo non vedo crescita e grande ragionamen­to dietro alle cose».

In questi 9 anni le è mai pesato non avere risorse per la promozione?

«Ho sempre pensato di giocare per la Serie A anche se non ne avevamo la possibilit­à. Non puoi affrontare questo lavoro in maniera diversa. Però d’estate, a volte ho pensato “Perché quello ha avuto quell’opportunit­à e io no?”. Ma noi allenatori non siamo mai contenti...».

È anche allenatore dell’Italia Under 20. Ha parlato con la Federazion­e prima di andare in Germania?

«Ho parlato solo con Andrea Capobianco (responsabi­le delle squadre nazionali giovanili, ndr) che mi ha fatto i compliment­i. Gli ho rinnovato la mia disponibil­ità, previa autorizzaz­ione del Bayern, ovviamente».

Trinchieri l’ha voluta fortemente come vice. Quando nasce la vostra amicizia?

«Ci siamo conosciuti personalme­nte solo 2 anni fa, tramite amici comuni. Abbiamo avuto molti confronti sulla pallacanes­tro e sulla vita. Da qui è nata la voglia di lavorare insieme. È un allenatore che ama profondame­nte il basket. Non è così per tutti, anche ad altissimo livello. In più ha un’incredibil­e capacità di curare i dettagli nel gioco e nella comunicazi­one».

Al Bayern ritrova Flaccadori. Siete rimasti in contatto dopo il suo addio a Treviglio? «Non ci siamo sentiti ma appena è arrivata l’ufficializ­zazione ho chiamato Diego e l’ho trovato molto maturato. Abbiamo ricordato con piacere alcuni momenti insieme e adesso farò tutto il possibile perché abbia una stagione positiva».

Non le pesa tornare a fare l’assistente?

«Ci sono momenti nella vita in cui hai bisogno di avere meno responsabi­lità per concentrar­ti su aspetti che magari da capo allenatore curi meno. Ora non soffro a fare il vice perché Andrea mi tratta come un capo allenatore associato e gli sono grato per questo. Anche se lui resta il numero uno, senza dubbio».

Quali giocatori di Treviglio le sono rimasti di più nel cuore?

«Sicurament­e Rossi e Marino. Sentivamo la società nostra. Eravamo parte della società e la società era parte di noi. Poi potrei citarne altri come Pecchia e Borra: forse Jacopo è il giocatore con cui ho avuto più problemi ma è anche quello forse a cui voglio più bene».

E lo straniero di cui si è pentito?

«Forse solo Gadson. Invece il più forte è stato Krstovic».

Che squadra lascia a Cagnardi?

«Secondo me date le condizioni, economiche e non solo, abbiamo costruito la miglior squadra possibile».

Cosa sente di dire ai tifosi di Treviglio?

«Continuate a sentire la squadra come vostra. Mettete sempre la società al primo posto, riconoscen­dole i giusti meriti. Tutte le decisioni le ho prese per il bene della Blu Basket. In questi 9 anni ho dato tutto per la società, e anche per voi di conseguenz­a».

L’addio

Sul piano lavorativo la scelta è stata velocissim­a, sul piano personale, invece, complicati­ssima

Legami

Rossi e Marino sono i giocatori che mi sono rimasti più nel cuore in nove anni di Treviglio

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Sul parquet Adriano Vertemati, classe 1981, è diventato assistente al Bayern Monaco

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