I giudici: in caso di liti va chiamata la polizia
Orio, sulla sospensione della licenza vince il Setai Ma il Tar: rischio di vendette, non basta allontanare
Dopo la morte di Matteo Ferrari e Luca Carissimi, il questore chiuse la discoteca Setai, a Orio, per 3 mesi. Uno stop eccessivo per il Tar, che però bacchetta il locale sulla gestione della sicurezza.
Era un anno fa e ora il tribunale amministrativo regionale ha emesso una sentenza insolita, rispetto alla tipica formula ingessata. Non direttamente, ma si parla della morte di Luca Carissimi e Matteo Ferrari, 21 e 18 anni, speronati in Vespa dalla Mini di Matteo Scapin, la notte tra il 3 e il 4 agosto, ad Azzano San Paolo. Uscivano dalla discoteca Setai di Orio, dove avevano litigato, e quattro giorni dopo il questore sospese la licenza al locale per 90 giorni: collocò la tragedia in precedenti «criticità», dal 2005 al 2019.
Prima con il Covid e ora con la riserrata del governo, i fatti non cambiano per il locale che aveva aperto con l’estivo: «Nel rispetto del nuovo decreto ministeriale, il locale rimarrà chiuso fino a data da destinarsi», è il post di lunedì. Ma il tar ha dato ragione al gestore: i tre mesi di sospensione decisi da via Noli sono sproporzionati, tenuto conto che alcuni episodi sono datati e «degli sforzi del gestore per rendere più sicuro il locale»: bastano i 40 giorni già patiti. «Tecnicamente è una vittoria», è chiaro per l’avvocato Omar Hegazi, che ha curato il caso per il locale con l’avvocato Attilio Pecora.
Ma a colpire della sentenza sono altre valutazioni. I giudici non ne fanno una violazione di regole. Non sono nemmeno il Consiglio di Stato, che può stabilire un principio. Comunque, bacchettano il locale nel ricostruire «le circostanze alla base degli atti impugnati», ricordando anche come la morte di Luca e Matteo «ha avuto una grande risonanza tra la popolazione e sulla stampa». Partono da qui: «Occorre sottolineare in primo luogo che gli addetti alla sicurezza non hanno avvertito le forze dell’ordine della lite insorta all’interno del locale e proseguita all’esterno. Poco prima, nella stessa serata, quando un cliente con un pugno ha provocato la frattura della mandibola a un minorenne, era stata seguita la medesima prassi sbrigativa di allontanare le persone coinvolte, senza avvertire le forze dell’ordine». Per il tar «questo comportamento non sembra corretto. Particolarmente quando insorgono liti violente o confronti prolungati tra i clienti, occorre sempre tenere conto dalla possibilità che sopraggiungano vendette e ritorsioni». Citano il precedente del 2017, con un investimento in auto: «La gestione delle criticità non può consistere semplicemente nell’allontanare i soggetti problematici, a maggior ragione se sia percepibile lo stato di alterazione alcolica o da stupefacenti». Chiamare le forze dell’ordine e, intanto, tenere divisi i contendenti è la via indicata dai giudici. Che spostano il confine: «La distinzione tra gli spazi interni al locale, e relative pertinenze, e gli spazi esterni è insufficiente a esimere da responsabilità il gestore, se l’origine dell’azione si colloca all’interno del locale». E non cambia nulla «il fatto che le liti siano provocate o facilitate dall’abuso di alcolici, e che vi sia la possibilità di acquistare queste sostanze da soggetti esterni», anzi «ricade tra i compiti degli addetti alla sicurezza il controllo visivo dei clienti, per comprendere l’eventuale stato di alterazione, comunque indotto».
Videosorveglianza, campagne di sensibilizzazione, serate senza alcol al Setai. Misure inefficaci per la questura, che è risalita anche a episodi del 2004-2005. Non per il tar: per quanto «i fatti sono certamente gravi», vanno riconosciuti «gli sforzi compiuti dalla ricorrente, sotto la nuova gestione, per rendere più sicuro il locale maggiormente controllate le attività svolte all’interno, anche con investimenti significativi».
❞ I fatti sono gravi, ma vanno riconosciuti gli sforzi del gestore di rendere il locale più sicuro e sorvegliato