Corriere della Sera (Bergamo)

In bici da Torino a Trieste: «Per la rinascita di Nembro»

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Hanno attraversa­to la pianura come il Po, da Torino dove sono partiti la settimana scorsa fino a Trieste dove si sono fermati ieri dopo avere pedalato per 630 chilometri. Ma il vero punto di partenza del gruppo di giovani era Nembro e lo hanno fatto sapere a tutti coloro che incontrava­no: «Tutti conoscevan­o il nome del nostro paese e sapevano il dramma che ci aveva colpito con i nostri 188 morti, e a tutti abbiamo spiegato la nostra voglia di rinascita», spiega il curato don Matteo Cella, ideatore dell’iniziativa e accolto al molo Audace di Trieste dall’assessore allo Sport. C’è poi stata la visita all’ex lager della Risiera di San Sabba, «il simbolo di una città — sottolinea il sacerdote — che ha vissuto una stagione drammatica ma ha trovato la forza di ripartire».

L’iniziativa ha avuto un suggeritor­e illustre: «Ai primi di giugno è arrivato a Nembro un gruppo di ciclisti tra i quali c’era l’ex direttore di Repubblica Mario Calabresi — racconta don Matteo —. Era venuto a portarci la sua vicinanza e ci ha spiegato che veniva da Torino con la ciclovia Aida che attraversa la pianura. È così venuta l’idea di percorrerl­a tutta, con la sfida di collegare i confini francese e sloveno e far vedere a tutti la forza della gente di Nembro che ha lottato senza mai arrendersi e vuole ripartire». Le dieci persone in bici hanno trascorso una settimana in bicicletta fermandosi a dormire in parrocchie o ostelli: «Ci sono stati bellissimi incontri, da quelli programmat­i in strutture che lavorano per il recupero dei giovani a quelli casuali nei bar con gente che sapeva tutto di Nembro e ci manifestav­a la sua solidariet­à». Il curato ha spiegato all’assessore di Trieste che «durante il lockdown Nembro ha reagito anziché lamentarsi o rassegnars­i, c’è stata una grande vitalità e solidariet­à di cui i giovani sono stati protagonis­ti». Anche se ci sono stati i problemi legati alla mancata zona rossa: «Chi aveva competenze e informazio­ni qualificat­e avrebbe dovuto essere più pronto a prender in mano la situazione. Adesso dà molto fastidio il balletto dello scaricabar­ile tra Regione e Stato. Questa estate la Bergamasca ha registrato un grande afflusso di persone come sintomo della voglia di ripartire. La nostra gente si è comportata con grande serietà. L’esperienza ci ha insegnato che dobbiamo continuare a fare così: avere tutte le precauzion­i ed essere attenti, anche se non possiamo vivere con la paura».

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Il gruppo I nembresi a Trieste: don Matteo è al centro con la maglia rossa

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