Cattolica Il delitto irrisolto
Simonetta Ferrero aveva 26 anni e da 49 il suo omicidio è irrisolto. Caso da subito mediatico per il profilo della vittima, il luogo, la titolazione. Infatti divenne (e rimane) il «delitto della Cattolica». In particolare, al primo piano della scala G. Ancor più in particolare, nel bagno delle donne, non lontano dalla bacheca dell’Istituto di scienze religiose.
All’interno di quel bagno, un rubinetto aperto (motivo per cui chi trovò il cadavere, il giovane seminarista Mario Toso, decise d’entrare per chiuderlo, questa la sua versione) e soprattutto: macchie di sangue ovunque e un corpo sul pavimento. Simonetta. Devastata da 33 pugnalate, in prevalenza tra torace e addome. L’arma: una lama lunga e affilata. Da qualche ora, la famiglia aveva denunciato la scomparsa della figlia. Alla Cattolica, la dottoressa Ferrero (Scienze politiche, tesi sul concetto di premio nell’ordinamento costituzionale inglese) guidava la «sezione laureati», alla ricerca dei più meritevoli da trattenere per un percorso professionale. Da qui iniziarono le indagini della polizia. Furono setacciati i profili degli ultimi che avevano avuto colloqui con Simonetta. Non emerse nulla. A lungo ci si concentrò sul seminarista, oggi vescovo di Faenza. Identici risultati. Ugualmente, gli investigatori percorsero e ripercorsero le ore finali della vittima. Di lì a poco sarebbe partita in vacanza per la Corsica insieme ai genitori (papà, originario del Piemonte, era un dirigente della
Montedison): nella borsetta, franchi francesi appena cambiati. La presenza del denaro eliminò da subito l’ipotesi di una rapina. L’autopsia non isolò ferite compatibili con una violenza sessuale. La commessa di una profumeria, dove Simonetta aveva acquistato una boccetta, parlò di una macchina, all’esterno del negozio, presente proprio in concomitanza con l’ingresso e l’uscita della ragazza. Non che dunque non se li era portati dietro. Vane le ricerche di testimoni. Nessuno vide. Nessuno sentì: nell’ateneo stavano lavorando dei muratori con un martello pneumatico, che coprì le grida: i segni sulle mani configurarono una difesa (una lotta) prima di soccombere al killer, il quale non agì in relazione a trame oscure e vendette legate al mondo della Montedison. O quantomeno, se avvenne non fu provato. Alla pari d’ogni altra pista. Due anni dopo la strage di piazza Fontana, poliziotti e magistrati indagarono male, in una Milano nera, confusa, manipolata.