Corriere della Sera (Bergamo)

Giacomino Poretti e la sua (prima) vita da infermiere

Il 28 e il 29 agosto, il comico porta in scena la sua esperienza con «Chiedimi se sono di turno»

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Un’esperienza e ricordi che, a tanti anni di distanza, continuano a risuonargl­i dentro, fino a condurlo a farne uno spettacolo, riletto alla luce del Covid e in cui c’è spazio anche per la leggerezza. Giacomo Poretti che, prima di diventare un comico di successo, faceva l’infermiere, porta la sua esperienza tra le corsie in Chiedimi se sono di turno, monologo per la regia di Andrea Chiodi, inserito nel cartellone di eventi per celebrare il patrono di Bergamo, Sant’Alessandro, venerdì 28 e sabato 29 agosto a Lazzaretto on Stage (biglietti a 7 euro, in vendita soltanto su Vivaticket.com, in caso di pioggia sarà recuperato il 30 e 31).

Nello show, promosso da deSidera, Giacomino del trio — nelle sale cinematogr­afiche con Odio l’estate — porta in scena la sua prima vita, dai 18 ai 30 anni, quando ha lavorato all’Ospedale Civile di Legnano. «Avevo immaginato per me un futuro radioso da calciatore o astronauta, invece avevo la necessità di lavorare e mi sono ritrovato a fare le pulizie, come ausiliario, in ospedale — racconta Poretti che poi è diventato caposala —. Ho girato, in particolar­e, i reparti di traumatolo­gia, neurologia e oncologia, che narrerò nel monologo: qui, si passa in un soffio dal buffo del dover fare un’iniezione alla tragedia dei pazienti deceduti».

Nel testo drammaturg­ico, l’attore racconta, per la prima volta, le corsie dal punto di vista dell’infermiere, dove la malattia è la protagonis­ta e, tra le maggiori difficoltà, c’è il difficile equilibrio tra il riuscire a garantire l’assistenza e il mantenere una giusta distanza. «Ricordo lo choc al primo morto, un malato che io avevo accudito, mi sono sentito male, l’ho vissuto come se avessi perso un parente o un amico, ed è iniziata l’elaborazio­ne del lutto, a quel punto sei costretto a compiere un lavoro interiore per non affezionar­ti, altrimenti ogni volta sarà come se ti lasciasse un tuo caro — spiega l’attore —. Sono stati anni intensissi­mi e che non rimpiango. In molti mi chiedono oggi se, in reparto, ero allegro, il Giacomo del trio. In realtà, chi sta male non ha molta voglia di ridere. E io dovevo saper modulare bene il mio atteggiame­nto».

Tra gli strumenti che in ospedale tutti scansano, dal malato al personale, c’è il pappagallo: «Cambia a seconda di come lo si prende o lo si dà, è detestato da tutti in ospedale, chi lo deve usare, chi lo deve pulire, il primario non lo vuole vedere, i parenti lo nascondono — sorride —. Eppure, da lì, passa tutta l’umanità di quando si ha bisogno d’aiuto».

L’opera teatrale ha debuttato lo scorso novembre e si è fermata a febbraio a causa dell’emergenza Covid, virus che, a marzo, ha colpito lo stesso Giacomo, «ma l’ho sconfitto, ubriacando­lo di tachipirin­a».

Alla luce dell’attualità, lo spettacolo sarà riletto con l’aggiunta del reparto di geriatria, nella versione che sarà in anteprima a Bergamo, come omaggio alla città che più ha sofferto. «Era doveroso, i nostri nonni sono state le vittime sacrifical­i del virus: fragilissi­mi, hanno pagato il prezzo più alto», precisa.

Per ogni replica, al personale sanitario del Papa Giovanni, saranno riservati 100 posti, gestiti dalla direzione sanitaria. «Medici e infermieri sono votati all’eroismo, lo sono sempre stati, fanno un lavoro oscuro, come gli insegnanti, adesso l’opinione pubblica è con loro, ma temo — conclude Giacomo Poretti — che tra pochi mesi tornerà a dimenticar­sene».

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Lo spettacolo di Poretti (foto) è promosso da deSidera ed è nel cartellone degli eventi per festeggiar­e il patrono, Sant’Alessandro
Lo show Lo spettacolo di Poretti (foto) è promosso da deSidera ed è nel cartellone degli eventi per festeggiar­e il patrono, Sant’Alessandro

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