L’artista Carrara «Ispirata dal mio Adda»
Linda Carrara tra gli artisti under 40 più promettenti in Italia «Per i paesaggi mi ispiro ai luoghi della mia infanzia»
«Complimenti per i tuoi nuovi lavori. Complimenti davvero», commenta Giuseppe Frangi, giornalista e scrittore. «Giuseppe è un amico. È passato nel mio studio per un caffè», spiega Linda Carrara, pittrice. Tralascia di dire che Frangi, per passione e professione, abbia ben chiara sia la tradizione artistica, sia gli spesso nebulosi meccanismi dell’arte contemporanea. Facile, ci abbia preso anche stavolta.
Linda Carrara, di Villa d’Adda, classe 1984 è fra gli artisti italiani under 40
«da tenere d’occhio. Almeno così dicono». Di certo, riesce a dedicarsi «a tempo pieno a questo mestiere, ormai da quasi dieci anni. Ho base a Milano e Bruxelles, con acquirenti in Italia e all’estero». E se l’arcinota «con la cultura non si mangia» è un’analisi politica brutta e ingiusta, bisogna essere consapevoli di come non sia facile costruirsi una stabilità di vita e di lavoro, con colori, tele e pennelli («dipingo principalmente a olio, ma anche con l’acrilico. Che ha più incisività e cattiveria di segno»).
Il percorso di Linda inizia «a Milano, all’Accademia di Brera. Lì, ho avuto per maestro Vincenzo Ferrari». E il grande «artista concettuale di poesia visiva» scomparso nel 2012, la sceglie come sua assistente: «Vincenzo mi ha fatto un regalo, mi ha donato una possibilità — afferma Carrara —. Io non vengo da una famiglia d’arte. Da parte dei miei, c’è stata l’incomprensione più totale. Mamma però, tiene ancora appesi i miei primi quadri». Diversi da quelli di oggi, che sono il frutto maturo di conoscenza e riflessioni. «Mi interessano temi pittorici ricorrenti. Come le nature morte, i paesaggi, le marine». Linda li rielabora, con risultati spesso «davvero distanti, l’uno dall’altro. La riconoscibilità serve, rappresenta un indirizzo sicuro al nome dell’autore.
Non averla, o averla solo in parte, è un rischio che mi assumo e apprezzo».
Nel suo atelier milanese, si confondono le tante ispirazioni: «Per le nature morte e i paesaggi, prendo spunto da lunghe camminate sull’Adda, nei luoghi della mia infanzia», confessa Linda. L’esito è una immersione coloristica, nel verde di opere contemplative: le piante «da cavalletto» (è su quel supporto che si devono osservare); le ninfee (tanto riverenti, quanto distanti da Monet). Mentre gli «aculei di istrice, lanciati sulla tela e ridipinti parimenti, lì dove sono caduti» rispecchiano un riuscito «esercizio da miniaturista fiammingo».
Lavoro di pazienza, in tempi in cui anche l’arte viaggia sui rapidissimi binari «della
Il personaggio Lavora tra Bruxelles e Milano, con acquirenti da tutto il mondo
❞ Dai miei l’incomprensione più totale, ma mamma tiene ancora appesi i miei primi quadri
Rete. Con internet va tutto così veloce, tutto è così spalmato per il mondo».
Tant’è che nei mesi scorsi, il mercato globale dell’arte — forzatamente online — ha fatto registrare parecchi affari, a cifre da capogiro. «Chi compra un mio quadro può avere fatto il colpo della vita, avere corso un rischio, oppure semplicemente essersi messo in casa un pezzo che gli piace. I collezionisti sono, per artisti e galleristi, a tutti gli effetti datori di lavoro. Lo Stato dovrebbe favorirne gli acquisti. Per fare girare la cultura».