Corriere della Sera (Bergamo)

«Noi Timoria? Dei pionieri»

Omar Pedrini al Parco Tittoni con un concerto antologico «Non siamo diventati ricchi ma abbiamo cambiato il pop mainstream»

- Raffaella Oliva

«Dai Timoria ad oggi»: sarà un concerto antologico, quello di Omar Pedrini stasera al Parco Tittoni di Desio (MB). In quest’estate segnata dalla pandemia, il cantautore bresciano non ha rinunciato all’attività live e in duo con il giovane Simone Zoni. Pescherà brani sia dai suoi album solisti — il più recente, «Come se non ci fosse un domani», del 2017 —, sia dai lavori con i Timoria, tra i più importanti gruppi del rock alternativ­o anni 90, che lo ha visto prima chitarrist­a e poi di frontman, dopo l’uscita di Francesco Renga nel ’98. Un viaggio a ritroso a partire da «2020 SpeedBall», opera dei Timoria che ha da poco compiuto 25 anni e che ritraeva un futuro distopico fatto di smog, alienazion­e, dipendenze tecnologic­he.

«Mi chiamano profeta, ma se avessi saputo che avrei azzeccato le previsioni mi sarei immaginato lo scudetto del Brescia!», scherza. Ma il discorso è serio: «Quel disco è la prova che ciò che sarebbe accaduto era intelligib­ile per tutti già allora e che non si è voluto fare nulla per cambiare il corso delle cose. Il 2020 era l’anno in cui mio figlio Pablo avrebbe compiuto 27 anni, quanti ne avevo io all’epoca della stesura di quei pezzi, mentre il tema me l’aveva suggerito una pubblicazi­one sullo stato delle risorse del pianeta, studiato a Scienze Politiche in Statale: siete la prima generazion­e che non riceve dai genitori un mondo migliore dei precedenti, diceva.

Ed è andata sempre peggio».

Volevano «prevedere i pericoli dell’avvenire», Pedrini e soci, ai tempi reduci dal successo di «Viaggio senza vento», e lo fecero con un sound ispirato in parte ai Soundgarde­n di Chris Cornell, cantante icona del grunge, suicidatos­i tre anni fa. «Lo conobbi sempre negli anni 90 a Milano, lo accompagna­i a comprare dei guanti da snowboard. Chissà se li ha mai usati, di certo mi era parso un ragazzo fragile», ricorda Pedrini, 53 anni, da due decenni di stanza all’Isola. «Mi piace, ne hanno fatto un quartiere trendy, ma di giorno è rimasto popolare: ci sono la ferramenta, il mercato, i vecchietti che parlano in meneghino e con cui a volte mi fermo a giocare a carte per farmi raccontare le storie malavitose dei contrabban­dieri di sigarette e della ligéra». Poi c’è la vita sul palco, che il 3 settembre lo porterà a Villa Arconati con «La ballata di John & Yoko», con Andrea Mirò. «Chi sostiene che i Beatles

❞ Un bresciano a Milano Abito all’Isola: ne hanno fatto un quartiere trendy ma di giorno è rimasto popolare, ci sto bene

si siano sciolti a causa di Yoko Ono è ignorante: Lennon era un genio e lei un’artista che ha partecipat­o al fiorire del movimento d’avanguardi­a Fluxus, non merita certi commenti sessisti che mi è capitato di sentire, da parte sia di uomini che di donne». Guardare indietro può provocare nostalgia, ma anche orgoglio: «I Timoria con due dischi d’oro non sono diventati ricchi, però con Afterhours e altri abbiamo dato vita a una scena diversa da quella del pop mainstream e con un pubblico non indifferen­te. Siamo stati dei pionieri».

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Profetico Pedrini, 53 anni. In «2020 Speedball» anticipava l’emergenza globale

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