Corriere della Sera (Bergamo)

Razionalis­mo creativo

Cresciuto in una famiglia di artisti il giovane architetto si fa notare lavorando con Albini e Camus Ma mentre in Brasile è una star Milano sembra averlo dimenticat­o

- Chiara Vanzetto

Buon sangue non mente. Tuo nonno è Carlo Romussi, giornalist­a e uomo politico. Tuo padre è Giuseppe Palanti, pittore, docente di Brera e scenografo della Scala. Tuo zio è Mario Palanti, architetto, autore del Civico Mausoleo al Cimitero Monumental­e. E tu, Giancarlo Palanti (Milano 1906 – San Paolo del Brasile 1977), metti un altro tassello in quel destino familiare tra intellettu­ale e creativo: architetto nel 1929, due anni dopo apri il tuo studio con due giovani modernisti, Franco Albini e Mario Camus, insegni al Politecnic­o, entri nella redazione di «Domus» e «Casabella», cuore del dibattito sull’abitare tra Italia ed Europa. Le commission­i non mancano: il trinomio AlbiniCamu­s-Palanti firma da subito progetti di valore. Perché allora a Milano il nome di

Giancarlo sparisce dai radar? Perché tra 1945 e ’46 va a vivere in Brasile: legando la sua attività a quella di Lina Bo Bardi, diventa protagonis­ta di successo dello sviluppo edilizio e del design a San Paolo. Motivi della scelta? Ancora oggi non li si conosce: forse per amore, forse per motivi politici o per opportunit­à profession­ali. Le risposte potrebbero scaturire dall’archivio ante 1946 dell’architetto, recentemen­te depositato dagli eredi all’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia, dove se ne stanno curando il riordino, la digitalizz­azione e il restauro per renderlo disponibil­e ai ricercator­i.

Fanno parte di questo patrimonio anche due plastici inediti: «Una decina d’anni fa, mettendo in ordine la cantina del bisnonno Giuseppe, ho trovato per caso in due casse coperte di polvere altrettant­i modelli del progetto collettivo “Milano Verde”, 1938, firmato tra gli altri da Giancarlo Palanti», racconta il pronipote Pietro Maria Romagnoli, anche lui architetto a Zurigo nello studio Burkhalter Sumi. «Milano Verde» è considerat­o un’icona del Razionalis­mo italiano. Un’idea di quartiere residenzia­le, alternativ­a alla concezione eterogenea e insalubre della città ottocentes­ca, che migliora la qualità della vita attraverso verde, servizi e infrastrut­ture su modello dei «siedlungen» (insediamen­ti) tedeschi di Taut e Gropius. Se questo resta sulla carta, altri piani abitativi del trio diventano realtà. Come il quartiere di viale Argonne, 1934, o quello di via Preneste, 1939/41, realizzati per l’IFACP (Istituto Fascista Autonomo Case Popolari): corpi di fabbrica ortogonali alla strada, ordinati nello spazio aperto secondo un disegno rigoroso ma non rigido, prospetti severi, volumi puri, geometrie nitide.

Molti anche gli allestimen­ti effimeri, campo di sperimenta­zione per i giovani razionalis­ti milanesi, come la «Casa in struttura di acciaio» della V Triennale nel 1933 e il «Salone della Vittoria» della VI Triennale nel ‘36, con Persico, Nizzoli e Lucio Fontana. L’unico edificio cittadino firmato in autonomia è in via Pacini: semplici logge aggettanti intonacate di bianco a contrasto con le mattonelle azzurrover­di del parato murario, portone in posizione asimmetric­a a rompere lo schema. Una concezione estetica di rara eleganza e sobrietà.

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Una facciata del Quartiere Ifacp D’Annunzio in zona San Siro (via Preneste, via Zamagna, via Micene, via Traciatra) tra gli interventi urbanistic­i firmati da Giancarlo Palante insieme a Franco Albini e Mario Camus (foto di Duilio Piaggesi/ Fotogramma)
Anni 40 Una facciata del Quartiere Ifacp D’Annunzio in zona San Siro (via Preneste, via Zamagna, via Micene, via Traciatra) tra gli interventi urbanistic­i firmati da Giancarlo Palante insieme a Franco Albini e Mario Camus (foto di Duilio Piaggesi/ Fotogramma)
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Via Pacini 23 L’unico edificio firmato in autonomia in città (1934-36). In alto, edificio in via Preneste

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