Corriere della Sera (Bergamo)

A CHE SERVE LA POLITICA

- Di Simone Bianco

La vicenda Sematic, 300 posti di lavoro a rischio e una storia aziendale che se ne va in Ungheria, riporta indietro di un decennio. Dopo la crisi del 2008 storie così a Bergamo si ripetevano quasi ogni giorno. Chiusure impensabil­i fino a pochi mesi prima, nomi antichi e solidi dell’industria locale che svanivano. E la politica? Nel pieno dell’emergenza, parlamenta­ri e consiglier­i regionali, giù fino ai sindaci, ora come allora organizzan­o tavoli (cui poi magari non si presenta la contropart­e) e comunicano tutto il disappunto per scelte imprendito­riali che danneggian­o il territorio. La speranza che l’intervento della politica modifichi davvero situazioni così gravi è però minima. E nemmeno questo è cambiato negli anni tra le due grandi crisi, quella finanziari­a e quella post Covid. In questi giorni sale il volume nel dibattito sul voto al referendum sul taglio del numero di parlamenta­ri. Tra chi grida al rischio di svolta autoritari­a e chi promette risparmi ed efficienze, resta sullo sfondo la grande debolezza delle istituzion­i italiane — e di tutte le democrazie liberali — di fronte alle spinte con le quali il potere economico modifica la realtà. In un decennio non si è costruito un nuovo welfare adeguato alla crescente precarietà. Dall’altra parte non si sono prodotte condizioni più favorevoli all’impresa (fisco, giustizia, soliti nodi italiani). Difficile pensare che la chiave di questi problemi stia nel numero dei parlamenta­ri. Riequilibr­are il rapporto politicaec­onomia è un processo che richiede forza e idee oggi assenti tra i nostri eletti.

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