Il Requiem in basilica: «Un inno alla speranza»
Si aggiusta la fascia tricolore mentre sale i gradini della basilica il sindaco di Nembro, Claudio Cancelli con un’emozione che si legge chiaramente dietro gli inconfondibili occhiali tondi. Sentimenti che si affastellano e oltre la magnificenza assoluta di Santa Maria Maggiore, lo riportano agli anni dell’Università quando, studente di Fisica, ricorda, la sera ascoltava musica classica «passando per un tipo strano».
Verdi e il suo Requiem, riproposti a Bergamo (con il sostegno di Intesa Sanpaolo) dopo la prima in Duomo a Milano dal Coro e dall’Orchestra del Teatro alla Scala, erano in una personalissima play list d’antan del sindaco nembrese che riaffiora con un carico emotivo diverso, più doloroso, dopo il dramma vissuto di questi mesi. Bergamo con il sindaco Giorgio Gori, Alzano con l’assessore alla Cultura Mariangela Carlessi e Nembro con lo stesso Cancelli, in rappresentanza delle tre comunità che hanno pagato un prezzo di vite altissimo, presenti nelle prime file di un parterre selezionatissimo di un centinaio di ospiti, più di tutti hanno sperimentato la potenza tuonante del dramma che riecheggia nel «Dies irae» del coro, il momento forse più intenso della Messa verdiana. «Certamente drammatico — commenta Cancelli — ma voglio ricordare che proprio il “dies irae” si trova ricompreso nel “libera me”, con l’invocazione a Dio perché liberi e salvi dalla morte l’Uomo che appare un fuscello nelle sue mani». L’evocazione è forte, forse lo stesso sindaco l’ha richiamata a se stesso nei giorni più bui dei mesi scorsi e rimanda, fin dalle prime note del Kyrie, ad un pathos che non lascia indifferente nessuno dei presenti.
La Bergamo delle istituzioni, a cominciare dall’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, c’è tutta, composta e partecipe e un afflato solidale accomuna tutti nel ricordo commosso di chi non c’è più. Questa Messa da Requiem, che Verdi aveva scritto in memoria di Alessandro Manzoni e che vibra nelle voci degli artisti diretti da Riccardo Chailly, è dedicata a chi non c’è più, portato via dal Covid. Ma è anche per chi ha lottato, chi ha combattuto, chi ha resistito. È un intenso momento di condivisione comunitario, verrebbe da dire di compassione nel senso più alto, quello che, anche le recenti celebrazioni del patrono di Bergamo, Sant’Alessandro, hanno espresso: la capacità di soffrire insieme, di dividere con gli altri un carico di sentimenti e di dolore troppo difficile da portare da soli. Un concerto e una preghiera insieme dove l’intensa voce del soprano Krassimira Stoyanova ha messo i brividi con oltre cinque minuti di applausi finali. Una standing ovation piena di gratitudine e di speranza per una musica immortale che, come qualcuno ha scritto, può fare di un’anima devastata una cattedrale.