«Imprese, intercettare subito la crisi»
De Simone: gli strumenti esistono, ma si usano poco. L’imbuto in cancelleria
Gli effetti della crisi delle imprese, per il Covid, in tribunale si vedranno nei prossimi mesi. Ma esistono strumenti (poco usati) per evitare una fine irreversibile. Laura De Simone è presidente della sezione fallimenti del tribunale. Partiamo dai numeri. «A oggi i fallimenti dichiarati sono 111 e le istanze di fallimento depositate 243».
«Sono inferiori solo di circa un terzo rispetto al 2019 nonostante nel 2020, dal 9 marzo al 30 giugno, le istanze di fallimento siano state improcedibili per legge».
Quindi per ora vedete ancora solo le crisi pre Covid.
«L’impatto della crisi derivata dal blocco delle attività economiche in conseguenza della pandemia non può ancora percepirsi negli uffici giudiziari».
L’improcedibilità delle istanze ha dato un po’ di ossigeno alle imprese o ha solo messo in stand by la crisi?
«Gli effetti reali si avvertiranno nel momento in cui il mercato e la concorrenza riprenderanno il loro corso ordinario. Si comprenderà quali imprese avranno ritrovato un equilibrio adattandosi ai nuovi mercati, e quali non saranno riuscite a modificare le proprie strategie di business».
Si ipotizza un raddoppio delle istanze, nel 2021.
«Si tratta di una previsione, anche ottimistica, di luglio 2020, del Fondo Monetario Internazionale e prima ancora, a marzo, in uno studio della Cerved Rating Agency».
La sezione fallimentare ha i numeri per affrontarlo?
«Certamente no, speriamo che siano forniti strumenti in termini di magistrati e personale amministrativo per far fronte all’emergenza che verosimilmente a breve occorrerà affrontare».
Si è formato un imbuto o lo stop ha permesso di smaltire lavoro arretrato?
«La sezione non può avere arretrato, lavora sulla contingenza e ciascun giudice nel più breve tempo possibile è chiamato a smaltire il lavoro assegnato. Durante il lockdown abbiamo cercato di proseguire tutte le attività consentite, essendo tutti i giudici della sezione abituati a lavorare in maniera telematica».
Lo smart working non ha agevolato i tribunali.
«Il problema è stato, e resta, per la cancelleria che non può utilizzare i registri fuori dall’ufficio. Il sistema prevede che qualsiasi atto proveniente da avvocati, curatori, commissari giudiziali, sia depositato in cancelleria e da questa trasmesso al giudice. Analogamente,
qualsiasi provvedimento del giudice, prima di essere trasmesso ai destinatari, deve essere accettato dalla cancelleria. Ma durante il lockdown, con la cancelleria limitata a modestissimi presidi di personale in ufficio, si è creato un arretrato di istanze (tra fallimenti ed esecuzioni, oltre 10.000 non scaricate) che solo in queste settimane si è riusciti a recuperare» .
Oltre l’udienza, quanto e quale lavoro c’è?
«Le udienze, le verifiche di stato passivo, i rendiconti, i reclami, le adunanze dei creditori sono solo la punta di un iceberg. Il lavoro più impegnativo è quello di redazione dei provvedimenti, nonché l’attività di direzione e indirizzo delle procedure pendenti, attraverso autorizzazioni e controlli degli atti di tutti i professionisti che collaborano nella gestione delle procedure. Si pensi che ciascun giudice della sezione risulta effettuare 7.000/8.000 depositi di provvedimenti all’anno».
Arrivata in tribunale, l’azienda è al capolinea?
«Così è stato molto spesso, forse quasi sempre. Va però considerato che nella evoluzione più recente del diritto commerciale della crisi vi è un’attenzione nuova verso la continuità aziendale, verso un ruolo proattivo degli organi di controllo societari e verso una capacità di lettura anticipata dei segnali di crisi che dovrebbe innescare due conseguenze: indurre i debitori a fare emerge la crisi quando non è ancora insolvenza e quella dei tribunali e degli operatori di diritto in genere ad uno sforzo per individuare misure alternative per la negoziazione dell’indebitamento e così favorire la salvaguardia della continuità d’impresa».
Esistono strumenti alternativi: sono utilizzati?
«Si va dai piani attestati agli accordi di ristrutturazione ai concordati preventivi, e altri sono individuati nel Codice della crisi e dell’insolvenza che entrerà in vigore dal primo settembre 2021. Ma sono ancora poco utilizzati, perché gli imprenditori non cercano soluzioni alle prime difficoltà, ma attendono che la situazione si aggravi pesantemente o addirittura diventi irreversibile prima di rivolgersi a professionisti che, invece, potrebbero porsi al loro fianco per individuare le migliori soluzioni alternative per negoziare l’indebitamento e salvare le imprese dal default».
Quanto è crisi e quanto si celano bancarotte?
«Più la crisi emerge tardivamente più si annidano rischi di bancarotta, perché i comportamenti distrattivi, depauperativi e i maquillage di bilancio rappresentano generalmente il colpo di coda delle insolvenze conclamate».
I dati Pur vietate per 4 mesi le istanze sono già 243 e le dichiarazioni 111, ma sono pre pandemia