Calolzio, il ricercato si costituisce
Omicidio, Valsecchi non confessa. L’ipotesi della vendetta per il figlio picchiato
Si è costituito, dopo otto giorni nel boschi, ma non ha confessato. Stefano Valsecchi, 54 anni, di Calolziocorte, è provato, dice il suo avvocato. Ora è in carcere per l’omicidio di Salvatore De Fazio, 47 anni, a colpi di pistola, a Olginate (Lecco) e del tentato omicidio del fratello Alfredo De Fazio. L’ipotesi su cui indagano i carabinieri è che possa essere stata una vendetta, per il pestaggio del figlio.
È tornato a casa dopo otto giorni, si è ripulito, ha chiamato l’avvocato nominato dalla moglie martedì scorso, poi nel primo pomeriggio di ieri è andato a costituirsi nella caserma dei carabinieri di Lecco: Stefano Valsecchi, 54enne di Calolziocorte, è in custodia cautelare in carcere; omicidio, tentato omicidio e detenzione illegale di arma da fuoco sono i capi d’accusa per lui. Il calolziese, che verrà interrogato entro sabato, non ha svelato dove si è nascosto per oltre una settimana, avrebbe soltanto detto di essere rimasto in zona, forse nei boschi della Valle San Martino. Non ha confessato l’omicidio del 46enne Salvatore De Fazio, freddato da tre colpi di pistola a Olginate, nel Lecchese, e il ferimento del fratello Alfredo De Fazio, di 50 anni. Secondo il suo legale, l’avvocato Marcello Perillo, il presunto killer intorno al quale sono ruotati subito i sospetti, sarebbe provato tanto psicologicamente quanto da un punto di vista fisico.
Una vendetta di sangue per difendere l’onore del figlio 25enne: potrebbe essere questo il movente della sparatoria. Nella notte fra sabato e domenica 13 settembre il secondogenito dei quattro figli di Valsecchi, chiama l’ambulanza due volte, sostiene di essersi fatto male da solo dopo una caduta, ma i carabinieri ipotizzano sia stato picchiato ferocemente e, stando alle prime ricostruzioni, nel pestaggio sarebbe coinvolto anche il figlio di Salvatore De Fazio, con cui i rapporti erano tesi da tempo. Rimedia un trauma cranico, una mandibola rotta e diversi giorni di ricovero all’ospedale Manzoni di Lecco. All’ora di pranzo del giorno successivo gli spari: a terra, davanti al convento Santa Maria La Vite, in centro a Olginate, resta Salvatore De Fazio, di origini calabresi, di Belcastro, e padre di tre figli, tra cui anche il presunto aggressore nella rissa della notte precedente. Colpito alla testa, morirà non appena arrivato in pronto soccorso. Le pallottole raggiungono anche il fratello maggiore, Alfredo De Fazio: una colpisce la gamba, un’altra gli attraversa la mandibola. Il 50enne è ricoverato in ospedale a Varese e le sue condizioni di salute gli impediscono tuttora di essere ascoltato dagli inquirenti.
Nonostante i legami di parentela dei De Fazio con contesti ‘ndranghetisti le indagini dei carabinieri si focalizzano immediatamente su Stefano Valsecchi, già irreperibile. Qualcuno in paese vede allontanarsi una Fiat panda bianca, la stessa ritrovata nella sua casa in località La Ca’, a Calolzio, dove manca invece una moto. Gli agenti della polizia locale passano al setaccio le riprese delle telecamere di sicurezza, i carabinieri di Lecco scandagliano i boschi della frazione collinare e venerdì, alle 6 della mattina, una ventina di volanti, l’elicottero dei carabinieri e agenti in borghese tentano il blitz nella sua villa, senza trovare tracce. La moglie assicura di non averlo né visto né sentito, la caccia all’uomo si estende dal Lecchese all’intera Lombardia, fino a ipotizzare una fuga in Calabria, da alcuni parenti. Valsecchi, invece, per quanto ha dichiarato, sarebbe sempre rimasto nei paraggi.
Un uomo dalla vita occupata dal lavoro di carpentiere e dalla famiglia, e segnata dalle condanne per furto risalenti agli anni ’90. Una persona schiva, che raramente si vedeva in giro per un caffè al bar, tanto che nella cittadina nessuno pare saperlo descrivere fisicamente e non si trovano sue foto sui social, nemmeno sui profili dei familiari.
In caserma
Si è consegnato ai carabinieri, dicendo di essere rimasto sempre nei paraggi