Corriere della Sera (Bergamo)

Il fascino decadente di Coney Island

- Chiara Vanzetto

Nel mare magnum del palinsesto Photofesti­val, 150 rassegne da qui a novembre, si mescolano temi, stili, autori. Tra loro il milanese Maurizio Coppolecch­ia, classe 1956, producer pubblicita­rio e cinematogr­afico: sua la personale «L’estetica dell’abbandono», che si inaugura giovedì alle 18 allo Spazio Krypos, via Panfilo Castaldi 26, a cura di Roberto Mutti. Oggetto di un reportage dal gusto sociologic­o è la penisola di Coney Island, Brooklyn, New York. Già dal XIX secolo luogo deputato allo svago tra spiagge, ristoranti e parchi di divertimen­to, dove viene inventato l’hot dog e nel 1903 nasce il primo «Luna Park». La crisi del ’29 e un incendio nel ’32 iniziano a sancirne la decadenza, ed è proprio questo l’aspetto che preme all’autore. Se da una parte infatti resta ancor oggi meta di distrazion­e e piacere, dall’altra svela contraddiz­ioni e crepe: insegne scolorite, giostre ferme, attrazioni chiuse, soggetti che il fotografo ferma con sguardo rigoroso e mai retorico. Dal 14 ottobre Coppolecch­ia espone anche alla Stamberga Art Gallery, via Melzo 3, il lavoro «Lo sguardo immediato», realizzato tra i nomadi della Mongolia e del Gobi con una Polaroid SX 70 nel 1989: proprio questo tipo di tecnica a stampa immediata ha favorito relazioni e contatti tra l’autore e la popolazion­e locale.

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Sulla spiaggia Il luna park visto da Maurizio Coppolecch­ia

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