«Ubi, conteggio voti sotto le telecamere» Resta il nodo deleghe
Quattro notai, con due assistenti a testa, in una stanza chiusa a chiave contarono i voti dell’assemblea Ubi del 20 aprile 2013. Per dimostrare che l’operazione fu blindata la difesa della banca (avvocato Fabio De Matteis) ha convocato il notaio Paolo Scarlatto, di Bergamo: «Le schede ci sono state portate dal personale di sicurezza. Le urne, blu, erano sigillate. Nella stanza c’erano le telecamere, con i monitor fuori, e un una parete di vetro». Ma nemmeno l’accusa mette in discussione in conteggio. Contesta che l’illecita interferenza nell’assemblea fosse a monte, con la raccolta di deleghe in bianco a favore della lista 1. Chi identificava i soci, chi controllava le deleghe, che fine hanno fatto? Il pm Paolo
Mandurino e l’avvocato di parte civile Daniele
Loglio devono averlo chiesto per evidenziarlo. La
Gdf lo propose, ma non vennero sequestrate (forse per non scoprire le carte). Spettava alla banca custodirle per cinque anni. Fu un altro il metodo della Gdf: convocando un campione di 418 tra deleganti e delegati, concluse che l’85% dei voti per delega della lista 1 era irregolare. Sul punto ci sarà battaglia dalle difese, con i consulenti. Intanto ieri si è parlato ancora di Sodali, la società che per l’accusa selezionò i soci favorevoli alla Lista 1. La difesa di Italo Folonari, segretario di Abpl (per l’accusa, con Amici di Ubi decise la governance) ha convocato Sandro Pavesi, che per le due associazioni curò la comunicazione per 3.000 euro: «Sì, in vista dell’assemblea — ha confermato —. Ma Folonari non accettò la proposta di Sodali, perché sarebbe stato un doppione del mio lavoro».
Il metodo Le deleghe mai sequestrate: la Gdf chiamò 418 soci