Corriere della Sera (Bergamo)

Meglio tutti che pochi

- Di Davide Ferrario

TORINO Venerdì mi chiama un amico che lavora con gli sponsor del Torino e mi fa: «Vuoi un biglietto per l’Atalanta?». Come si fa a dir di no? Certo, sono e mi sento un raccomanda­to, ma alla fine sarò sempre un nerazzurro contro 999 granata. E poi, come tutti, non vedo i nostri in carne ed ossa dalla partita col Valencia… Ma basta entrare allo stadio perché l’entusiasmo svanisca. Non solo per me ma per tutti quelli che son lì. Uno stadio vuoto resta uno stadio vuoto, poco importa essere tra i fortunati. Comune è la sensazione di essere fuori posto; mescolata a un’altra, che sta a metà tra il voyeurismo e il 1984 di Orwell. Messo lì, da solo in mezzo a sedie vuote, in un silenzio così forte che si sente in tribuna la voce del telecronis­ta come se fosse alla radio in cuffia, davvero ti sembra di essere un guardone davanti a qualcosa di proibito. Ma il peggio è che — essendoci quasi più staff che spettatori — sei a tua volta guardato a vista come un potenziale delinquent­e contaminat­ore. Perfino ai cessi c’è un addetto che ti igienizza le mani prima e dopo l’utilizzo del bagno e dev’essere quello che tra gli steward ha vinto la lotteria della sfiga. Poi, certo, Papu e soci ti fanno dimenticar­e un po’ lo straniamen­to, ti fai bello tra i poveri tifosi granata annichilit­i dalla pochezza della loro squadra, ma c’è decisament­e qualcosa che non va. Così non ha senso, meglio la tv. Mille e non più di mille sa davvero troppo di profezia apocalitti­ca. Non l’avrei mai pensato, ma da oggi mi iscrivo al partito del «Nessuno o tutti».

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