Corriere della Sera (Bergamo)

«Sulla Lega indagini per fini politici»

Belotti: il partito non c’entra con operazioni sospette. In Toscana una campagna come nelle Valli negli anni ‘90

- Di Simone Bianco

Daniele Belotti, deputato, è reduce dalla Toscana, di cui era commissari­o per il Carroccio. Dietro le quinte è stato la mente organizzat­iva della campagna di Susanna Ceccardi, ma resta un riferiment­o per i leghisti bergamasch­i: è stato l’ultimo segretario prima che il partito provincial­e venisse commissari­ato, nel 2018. «Se un anno fa ci avessero detto che avremmo potuto davvero mettere la paura di perdere addosso al Pd, saremmo già stati contenti — spiega —. Ma ci eravamo un po’ illusi». Belotti parla anche del successo di Luca Zaia in Veneto: «Non esiste alcuna corrente Zaia. È una figura diversa rispetto a Matteo Salvini, che resta il riferiment­o politico». E sulle vicende giudiziari­e, il deputato dice che le storie finite sui giornali, dalla discoteca di Carobbio all’operazione Arti Grafiche, nulla hanno a che fare con la Lega.

Per la Lega è un momento strano. I risultati delle Regionali descrivono un partito forte ma non ancora radicato al di sotto del Po, la leadership di Matteo Salvini nel centrodest­ra non è in discussion­e, ma la crescita degli ultimi anni si è arrestata. Poi c’è l’inchiesta che ha portato agli arresti dei due contabili bergamasch­i della Lega, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba. «Ma la credibilit­à della magistratu­ra è compromess­a da anni. Ancor più dopo le ultime vicende. E a maggior ragione se arresti come questi, richiesti da mesi, vengono effettuati a due settimane dal voto». Daniele Belotti, deputato, è reduce dalla Toscana, di cui era commissari­o per il Carroccio. Dietro le quinte è stato la mente organizzat­iva della campagna di Susanna Ceccardi, ma resta un riferiment­o per i leghisti bergamasch­i: è stato l’ultimo segretario prima che il partito provincial­e venisse commissari­ato, nel 2018.

Vi aspettavat­e qualcosa di più dal voto in Toscana?

«Se un anno fa ci avessero detto che avremmo potuto davvero mettere la paura di perdere addosso al Pd, saremmo già stati contenti. Ma ci eravamo un po’ illusi, quando a inizio settembre è uscito il sondaggio (Ipsos, che ci dava a un punto di distacco».

Com’è fare la campagna elettorale nella rossa Toscana per un leghista bergamasco della prima ora?

«Da un lato è stata un’esperienza molto stimolante: mi sembrava di essere a Bergamo nei primi anni 90’, c’era lo stesso entusiasmo ma anche le stesse difficoltà. E questo genera grandi motivazion­i».

Ha raccontato di una certa ostilità, cene con Salvini annullate all’ultimo minuto per minacce ai ristorator­i.

«In Val Seriana, dove la Lega ha grande consenso, penso che nessun politico, del Pd o di Rifondazio­ne comunista, avrebbe difficoltà a organizzar­e un evento. A noi invece, quando prenotavam­o un locale per una cena con Salvini o la Ceccardi, capitava spesso che il gestore si tirasse indietro all’ultimo momento perché aveva ricevuto minacce e insulti. Ho grande ammirazion­e per i leghisti che fanno politiche in quei territori».

Il voto in Toscana dimostra che il messaggio salviniano, basato soprattutt­o sul tema immigrazio­ne, si è scaricato?

«Non direi, perché è stata una campagna più concentrat­a sui temi economici e pratici, legati all’epidemia. Il Covid, lontano da Bergamo e dalla Lombardia, non è stato vissuto nello stesso modo. Oggi per gli elettori pesano più di ogni cosa le ricadute economiche. Le città d’arte toscane, a partire da Firenze, sono vuote, turismo e commercio sono in ginocchio. È chiaro che in questa situazione il tema immigrazio­ne finisce in secondo piano. Susanna ha fatto una campagna senza sbavature, come le hanno riconosciu­to anche gli avversari, Matteo si è presentato con toni più moderati. Quello che ha pesato sono i candidati delle liste: a sinistra hanno legami in tutti gli ambiti della vita sociale ed economica, i nostri molto meno».

L’idea di una Lega nazionale è in crisi?

«No, secondo me questo è un momento della crescita».

E Zaia è un competitor per il futuro?

«Ma no, non esiste alcuna corrente Zaia. Sono due figure diverse che fanno cose diverse, Salvini resta il riferiment­o politico».

Nel frattempo venivano arrestati Manzoni e Di Rubba, le vicende giudiziari­e quanto hanno influito?

«Una premessa: il sistema giudiziari­o italiano sta perdendo da anni credibilit­à. Il caso Palamara è stato la mazzata definitiva. Poi se, come in questo caso, le indagini esplodono a 15 giorni dalle elezioni, con arresti che erano stati richiesti da mesi, come può non venire il dubbio che ci siano fini politici dietro questo tipo di inchieste?».

Le carte dell’inchiesta però mostrano intrecci di società e operazioni sospette che fanno tutte capo a Di Rubba e Manzoni. Questo non vi mette in imbarazzo?

«Di Rubba e Manzoni sono due profession­isti con tanti clienti. La Lega è uno di questi clienti, da quando abbiamo esternaliz­zato l’amministra­zione del partito. Ma le storie finite sui giornali, dalla discoteca di Carobbio all’operazione Arti Grafiche nulla hanno a che fare con la Lega».

Marzio Carrara, che ha comprato per 5 milioni e rivenduto per 29 le Arti Grafi

❞ I fondi del partito A Bergamo ci hanno confiscato più di 700 mila euro. Siamo ripartiti da zero, altro che 49 milioni

❞ L’imprendito­re Nel 2018 Carrara ci fece credito ma poi abbiamo saldato. La Lega non c’entra con Arti Grafiche

❞ Salvini Non c’è una corrente Zaia. Matteo in Toscana ha tenuto un tono più moderato, in questa fase alla gente interessan­o i temi economici più dell’immigrazio­ne

che in società con Di Rubba, è però un fornitore della Lega. Come stampatore vi fece credito per la campagna del 2018?

«In quel momento difficile per noi, con i conti bloccati, non solo Carrara ma diversi altri imprendito­ri decisero di continuare a tenere rapporti commercial­i con la Lega. Poi però abbiamo pagato tutto».

Uno magari si chiede come sia stato possibile rivendere un’azienda a sei volte il prezzo d’acquisto dopo pochi mesi.

«E questo cosa c’entra con la Lega? Mi chiedo anche se i legami con Di Rubba siano un motivo valido per mettere in difficoltà un’impresa che dà lavoro a mille persone. Ma è evidente che la Lega è nel mirino della magistratu­ra, lo confermano vicende come il sequestro del telefonino di Attilio Fontana, che non è nemmeno indagato».

Il tutto però parte dalla vicenda Lombardia Film Commission: un capannone valutato 400 mila euro, poi pagato al doppio del prezzo con soldi pubblici.

«Ci sono perizie che dicono che quell’immobile valeva ancora di più. A parte questo, finora su tutte queste vicende abbiamo sentito solo la voce dell’accusa».

Nel 2018, dopo la sentenza di Genova sui 49 milioni, anche alla Lega di Bergamo vennero sequestrat­i i conti. Come paga oggi le spese il partito?

«Ci sono stati confiscati più di 700 mila euro, che a Bergamo avevamo accumulato in anni di feste e tesseramen­ti. Oggi siamo un altro partito, la Lega Salvini Premier, con altri conti, sui quali per esempio versiamo le quote come parlamenta­ri. Siamo ripartiti da zero. Zero euro, altro che 49 milioni: non c’era più niente».

Dopo due anni e mezzo, la Lega a Bergamo tornerà a fare un congresso e ad avere un segretario?

«Non siamo come quei partiti che non fanno congressi dal 1994, li abbiamo sempre fatti ma sono stati anni complessi. Finito il riassetto amministra­tivo del partito, per fine anno faremo i congressi di sezione, nel 2021 quelli provincial­i».

 ??  ?? Con il capo Daniele Belotti, a sinistra, con Matteo Salvini
Con il capo Daniele Belotti, a sinistra, con Matteo Salvini

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy