Gli orti della rinascita nella strada dello spaccio
La gestione all’Opera Bonomelli: «Un luogo agricolo e anche sociale»
C’è l’aiuola con il radicchio rosso, quella della lattuga cappuccio rossa, un angolo per la cicoria catalogna. E così via, tante vasche in legno piene di ortaggi rigogliosi. A «sorvegliarli» da vicino, gli spaventapasseri. In via Leoncavallo, a Bergamo, c’è un nuovo angolo della Malpensata che ha l’ambizione di far rinascere un quartiere difficile. Questi orti collettivi sono stati affidati alla Fondazione Opera Bonomelli, che li gestirà. Se ne occuperà la Comunità Arcobaleno, che accoglie persone fragili. Verranno qui ogni giorno a lavorare la terra, ma non solo. Proveranno anche a far rinascere loro stessi e a trasformare questa zona.
Prima che arrivassero gli orti, quest’angolo dietro il Parco della Malpensata era abbandonato. C’era chi lo usava come parcheggio e chi provava a coltivare qualcosa, tra la natura selvaggia. Poi il Comune — con 300 mila euro del bando Periferie — ha deciso di creare gli orti, un’area cani (aperta da poco) e un parco avventura, ancora chiuso perché mancano i collaudi. «L’amministrazione ha fatto la sua parte — dice l’assessore al Verde pubblico, Marzia Marchesi —, abbiamo investito per creare più sicurezza, ma questa zona potrà diventare più viva e nuova se il quartiere la vivrà davvero. Gli abitanti devono appropriarsi di questi spazi e renderli vitali».
Gli orti sono stati progettati per essere inclusivi: ci sono vasche più alte rispetto a quelle tradizionali, così gli ortaggi possono essere coltivati anche da chi è sulla sedia a rotelle. «Quella dell’orto comunitario è un’esperienza che realizza concretamente quel principio di coesione, solidarietà, messa in rete di conoscenze e competenze così importante per rendere il quartiere un luogo sempre più ricco di relazioni e una comunità sempre più “umana” — dice l’assessore alle Politiche sociali Marcella Messina —. Quella dell’orto della Malpensata rappresenta anche l’occasione per sperimentare modelli di condivisione e co-geavevano stione tra cittadini residenti nella zona e persone in condizioni di svantaggio e fragilità che, in uno spazio naturale integrato nel contesto cittadino, possono incontrarsi e integrarsi tra loro». Per garantire la convivialità c’è un pergolato e le poltroncine create con due pallet ricostruiti con legno di larice e un tavolino fatto con pallet sovrapposti.
La Comunità Arcobaleno accoglie 13 uomini con problemi di alcolismo. Saranno loro a occuparsi dell’orto, due di loro avranno borse lavoro finanziate anche dal Comune, e ci sarà il coordinamento di un operatore che avrà pure il compito di «guardarsi intorno» nel quartiere, per provare a intercettare situazioni problematiche, per poi provare a risolverle. «Questi orti — dice il direttore del Nuovo Albergo Popolare, Giacomo Invernizzi — sono un luogo agricolo e sociale importante, un luogo bello da vedere e da vivere i cui prodotti potranno essere valorizzati nell’ottica della condivisione. Il progetto rappresenta per i nostri ospiti un’opportunità importante per intraprendere un percorso relazionale e occupazionale da protagonisti».
L’auspicio Il Comune: «Gli abitanti del quartiere devono appropriarsi di questi spazi e renderli vitali»