Preteroti e l’omaggio davanti alla Procura
Il pm morto a 42 anni e l’addio in piazza Dante con i colleghi e le forze dell’ordine schierati sulla gradinata
Finita la cerimonia le toghe, le uniformi, gli occhi sciupati scivolano nel chiacchiericcio del sabato pomeriggio dal sagrato di San Bartolomeo al piazzale della Procura. E si schierano in silenzio per il pm Nicola Preteroti.
È passato troppo poco tempo perché il pensiero, in quell’istante in particolare, non torni a Walter Mapelli. Un anno e mezzo dopo, la scena e lo sgomento sono gli stessi. Come era stato per l’ex procuratore, anche per il suo magistrato morto a 42 anni dello stesso male, un tumore, il corteo si è fermato per un ultimo omaggio in piazza Dante, prima della sepoltura al cimitero di Bergamo. «In questo momento ogni parola stona tranne una: perché? Per tutti questa morte è assurda, ma non può e non deve essere inutile», dice dall’altare monsignor Giulio Dellavite, che si fa aiutare dall’immagine dell’albero spezzato che porta acqua al campo arido e lo fa germogliare. La moglie Raffaella Latorraca, in toga, segue accanto alla bara, su cui è posata quella del marito. Alle sue spalle la famiglia e Isabella, la primogenita di 7 anni a cui il sacerdote si rivolge come se fossero solo loro due tra le navate. Invita la bambina a voltarsi, a vedere quanta gente c’è per il suo papà, «che ora farà da angelo custode» anche a Costanza, la sorellina di 2 anni.
Ci sono i giudici, i colleghi, gli avvocati, i cancellieri. Finanzieri e carabinieri, in polizia sia Preteroti sia la moglie iniziato la carriera. E poi gli amici, la moglie di Mapelli e qualche volto incrociato nelle loro inchieste, come i genitori di Luca Carissimi, uno dei due ragazzi di Borgo Palazzo investiti fuori dal Setai. Il procuratore Antonio Chiappani non trattiene la commozione nel tracciare il profilo del Preteroti magistrato, «pacato, risoluto, umile e caparbio, ma soprattutto con l’istinto del grande investigatore». Era stato suo pm a Lecco e lo aveva ritrovato in quella «strana triangolazione con Mapelli». Per descriverne «l’onestà intellettuale» racconta dell’indagine sul crollo del ponte di Annone, quando Preteroti gli disse che non dovevano «sparare nel mucchio. Noi facciamo alla svelta a iscrivere il maggior numero di persone possibile perché poi ci sarà un giudice che valuterà. Ma per Preteroti dovevamo fare selezione». Alla collega e amica Maria Esposito aveva inviato dall’ospedale la canzone di Vecchioni Ho conosciuto il dolore, trasmessa alla fine del suo ricordo più privato. «E comunque non c’è malattia che possa incattivirmi», le aveva detto un giorno con un moto di orgoglio. È stato così.