Nove compositori cantano la rinascita
La musica racconta le emozioni nell’era Covid
Stasera il Quartetto riparte dal Canto della Rinascita. Titolo forse un po’ audace visto che il virus è ancora tra noi, ma che riflette un ottimismo della volontà necessario a non arrendersi. E così la storica Società musicale milanese ha spiazzato tutti con la più moderna e audace delle scelte, aprire la stagione con una novità assoluta, una commissione a nove compositori italiani tra i più significativi del nostro tempo, invitando ciascuno a mettere in musica emozioni e speranze di questo difficile periodo.
A dire subito sì a titolo gratuito, Paolo Arcà, Marco Betta, Carlo Boccadoro, Silvia Colasanti, Michele Dall’Ongaro, Matteo D’Amico, Ivan Fedele, Carlo Galante, Fabio Vacchi. I loro brani, circa 7 minuti l’uno per un totale di un’ora di musica, verranno eseguiti dall’Ensemble Sentieri SelColasanti vaggi diretto da Boccadoro, voci soliste la soprano Carmela Remigio e la mezzosoprano Monica Bacelli. E in più un attore come Elio De Capitani, voce recitante nel brano di Colasanti.
«Un canto alla vita, uno sguardo al futuro dopo tanti mesi di buio», lo definisce la presidente del Quartetto Ilaria Borletti Buitoni. Un momento corale di voci diverse, otto maschili e una femminile, quella di Silvia Colasanti, che per il suo brano si è valsa del testo di un’altra donna, la poetessa Mariangela Gualtieri. La sua poesia, «Nove marzo duemilaventi» è diventata il simbolo di quei giorni, condivisa sui social, girata sui telefonini, recitata in silenzio o ad alta voce. «Mariangela ha saputo intercettare un sentire comune, angosce e riflessioni scatenate da un evento così inatteso e sconvolgente — spiega —. La sua poesia è canto, preghiera, sguardo profondo su dolore, attese, auspici. Su un periodo che ci toglie la libertà d’abbracciarci ma ci spinge a un rapporto più intimo con noi stessi, ci indica una nuova umanità, più unita e consapevole».
La musica di Silvia segue quelle suggestioni. «L’inizio, costruito su percussioni, allude al passato, a un “prima”, quando si viveva secondo ritmi assurdi. Terminata questa sezione frenetica, un’esplosione fa da spartiacque a un “dopo” di calma ineluttabile, decantazione di uno spazio domestico, di un tempo interiore sottolineata dal suono quieto di un carillon. Un invito a assaporare la meraviglia delle piccole cose: “Guardare più il cielo, fare per la prima volta il pane, cantare piano piano perché un bambino dorma”. Se la poesia è un dono fatto agli attenti, credo lo sia anche la musica».
Oltre al piacere di ritrovarsi con Gualtieri, con cui aveva già realizzato un Requiem per le vittime del terremoto del 2016, Colasanti non nasconde il suo entusiasmo per la proposta del Quartetto: «In tempi anomali ha saputo cogliere il momento per trasformare il limite in opportunità. Invece di un pezzo del passato, come hanno fatto tutte le altre istituzioni, ha osato qualcosa di desueto. Uno spiraglio sulla molteplicità del presente, un momento di riflessione e dialogo tra artisti. Perché: «E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano».