«Prima la casa, poi l’uscita dalle dipendenze»
Il Comune di Bergamo vuole potenziare l’housing first. Un progetto per la grave emarginazione e le problematiche psichiatriche di chi vive per strada.
Non solo un centro diurno per gli emarginati. Il Comune di Bergamo vuole anche potenziare l’housing first. «Un progetto — spiega il coordinatore Francesco Maffeis — per la grave emarginazione e le problematiche psichiatriche di chi vive per strada». Attualmente il Comune ha 7 appartamenti dedicati all’housing first: uno è a Redona, gli altri in Città Alta. Ci sono 12 posti disponibili, di cui 11 occupati da 3 donne e 8 uomini, uno molto giovane. Gli stranieri sono 3, gli italiani 8. «Ci piacerebbe ampliare questo servizio mettendo a disposizione almeno altri 5 appartamenti», dice l’assessore alle Politiche sociali, Marcella Messina. Per sostenere queste esperienze ci sono fondi nazionali.
«Il paradigma classico — spiega Maffeis — prevede che una persona prima decida di prendere in mano la propria vita, smetta di drogarsi, si trovi un lavoretto e magari, dopo una quindicina d’anni, riesca ad accedere a una casa popolare. L’housing first, invece, ribalta questo paradigma. Il primo passo consiste nell’entrare in una casa, sottostando solo a due richieste: accettare almeno un incontro alla settimana con un membro dell’équipe e compartecipare economicamente al progetto, in base alle proprie possibilità». Chi è ospitato in una casa del Comune con questo meccanismo vive in un contesto normale e non è isolato. Chi vive nelle case di Città Alta, per esempio, si relaziona con i vicini e anche con la rete sociale. «Questo progetto funziona — dice Maffeis —. Dopo più di un anno e mezzo, le persone ospitate non sono tornate in strada. In queste case, l’uso di sostanze è permesso. Può sembrare strano, contraddittorio, ma ha un senso: l’obiettivo è il raggiungimento del maggior benessere possibile di queste persone. Il metodo funziona: da gennaio 2019, le 11 persone accolte hanno contribuito al 90% al mantenimento della casa in cui sono ospitate. A queste persone vengono anche create occasioni di cittadinanza: l’obiettivo è che diventino anche loro risorse per gli altri».
Non tutti gli emarginati possono accedere a un progetto di questo tipo. In città sono state raccolte 49 richieste di accoglienza. «Può accedere all’housing first — spiega Maffeis — chi è in grado di stare in una relazione di fiducia. È un aspetto fondamentale, perché queste persone vivono in autonomia, cioè in solitudine, per la gran parte del proprio tempo. Vivono in contesti residenziali, non devono essere un pericolo né per sé né per gli altri».