Ritorno in San Maurizio
La «Cappella Sistina» di Milano da venerdì riapre al pubblico Tra le nuove regole, il giro a ritroso dal Museo archeologico alla chiesa attraverso il coro e le opere di Luini
Il record è stato seimila persone in un giorno (nel 2019). Picco eccezionale che non ha sorpreso più di tanto: negli ultimi anni gli ingressi hanno registrato numeri più che soddisfacenti, in media non meno di tremila visitatori giornalieri. Molti gli asiatici. La chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore in corso Magenta, a due passi dal Cenacolo, è oramai una presenza fissa nei pacchetti di viaggio di cinesi e giapponesi. E poi nord europei, americani, qualche australiano e neozelandese. Insomma, tutto il mondo. Milanesi? Dipende. Qualcuno, a chiedergli indicazioni, non saprebbe posizionarla sulla mappa. Altri, innamorati folli della «Cappella Sistina di Milano» — l’ha battezzata così Vittorio Sgarbi e la definizione è ora di uso comune —, ci tornano e ritornano.
Il portone della chiesa dell’ex monastero (il più antico cenobio femminile del capoluogo, ordine benedettino), si è chiuso qualche giorno prima dell’inizio del lockdown, il 23 febbraio. Da allora, lo stop. Sette mesi e mezzo di astinenza. Venerdì 9 riapre al pubblico, con i volontari di «Aperti per Voi» del Touring Club Italiano pronti ad accogliere (la chiesa è visitabile dal 2006 grazie all’accordo fra la Parrocchia di Santa Maria alla Porta, il Comune e il TCI). Le regole, come per i musei e altri monumenti cittadini, sono cambiate. «Ingressi contingentati e percorso invertito per garantire piena sicurezza», anticipa Nadia Pellacani, responsabile Aperti per Voi. «Il mese di ottobre ha carattere sperimentale», aggiunge: «tre giorni di apertura, venerdì, sabato e domenica, e orario ridotto, fino alle 17.30. Non si prenota: entrano dieci persone ogni mezz’ora, a seconda dell’ordine di arrivo. Amplieremo più avanti».
La differenza più rilevante è il giro al contrario: si accede dal Civico Museo Archeologico, si esce dal frontale (l’ingresso precedente). Così si visita prima il Coro delle Monache e dopo l’Aula dei Fedeli. Magia intatta? «Certo, è solo una questione di abitudine», assicura Carlo Mondini, da otto anni nel team dei volontari.
Il Coro era destinato alle monache di clausura. Si ammira la volta blu notte punteggiata di stelle e santi (attribuita alla bottega di Vincenzo Foppa), l’organo del Cinquecento e il meraviglioso ciclo di affreschi sulla Passione di Cristo di Bernardino Luini (e figli). «L’atmosfera è unica, si vede l’evoluzione dell’arte lombarda del Rinascimento, rimangono tutti stupiti, in silenzio», racconta Mondini. Da lì, attraverso lo stretto passaggio, si arriva in chiesa. Dipinti, stucchi, affreschi ricoprono ogni spazio: la volta, le pareti laterali, le cappelle. «Chi è informato cerca subito con lo sguardo il martirio di San Maurizio e San Sigismondo del Luini, sulla parete del tramezzo, è a conoscenza della Pala di Antonio Campi e degli affreschi di Simone Peterzano sulla controfacciata, e va a colpo sicuro alla cappella di Santa Caterina di Alessandria, ancora opera di Bernardino Luini. Altri invece rimangono intimoriti da tanta bellezza e girano fino a quando la dolcezza dei volti, i colori, l’effetto quasi tridimensionale di alcuni affreschi li cattura completamente. Sono quelli che ritornano».