Un cocktail di stili fatto con passione
Testi di ieri e di oggi e trasposizioni di film
«Tutto ciò che vedrete è il risultato di un profondo lavoro di squadra, tante passioni unite alla ricerca di nuove strade e soluzioni possibili». Con il titolo «Passion Fruits» la direttrice artistica Rossella Lepore presenta la stagione del Teatro Fontana. Un cartellone all’insegna del superamento dei linguaggi dove convivono drammaturgia contemporanea, testi classici e riletture di successi cinematografici, ma anche musica, due festival di danza e, tra le nuove produzioni, un videoracconto nato nei mesi di chiusura forzata dei teatri che indaga sul rapporto dentro/ fuori da noi.
All’insegna dunque della miscela di stili e generi, da domani moltissimi appuntamenti tra cui 4 nuove produzioni e 9 ospitalità. Ad aprire (l’8 ottobre) è «Bar Blues» di Federica Bognetti, uno spettarolla, dove teatro e cabaret musicale s’incontrano per raccontare la tormentata vita di una donna che nella Milano post bellica vive alla continua ricerca dell’amore, una sorta di Rita Hayworth di casa nostra che attraversa la vita ballando, cantando e seducendo.
Subito dopo una nuova produzione firmata Elsinor, «Very Shorts. La possibilità di un’isola», l’esperimento ideato da Marco Lorenzi in collaborazione con Eleonora Diana (data unica 11 ottobre). Qui la domanda è: come si vive la propria quotidianità al di fuori della nostra comfort zone? Il risultato sono quattro cortometraggi che parlano di Milano, dal quartiere dove è nato il Teatro Fontana alle nuove zone rosse che abbiamo recentemente imparato a conoscere. Una sfida che ha coinvolto un regista, una videomaker e quattro autori: Francesca GaMagdalena Barile, Caterina Filograno e Stefano Braschi, anche attore al fianco di Giuseppe Aceto, Stefania Medri e Valeria Perdonò.
Continuando il nostro viaggio tra i titoli in stagione, tra le date da non perdere la nuova creatura di Gigi Gherzi e Giuseppe Semeraro, «Il figlio che sarò», un ironico e tragico «canto» dedicato alla figura del padre, alla sua assenza e alla sua incapacità di comunicare. Uno spettacolo costruito in forma di dialogo che tra ricordi e d’infanzia e tempo presente, ripercorre la vita di un uomo, vittima di un padre severo e oggi padre alle prese con il figlio e i conflitti irrisolti di una vita. Sul fronte riletture, interessanti «L’uomo dal fiore in bocca» di Pirandello proposto da Vincenzo Pirrotta, la riscrittura di Marco Cacciola ispirata alla solitudine di «Amleto, e quella di Francesca Garolla che indaga sulle urgenze di oggi di un’ opera come «Lo Straniero» di Camus, oltre a «Chi ruba un piede è fortunato in amore» di Dario Fo. Infine sul fronte cicolo nema le sfide di due registi teatrali: Michele Sinisi si confronta con «La grande abbuffata» di Marco Ferreri e sferra un’invettiva sulla società bulimica che inghiotte tutto senza fare differenza tra prodotti e informazioni, opinioni e fatti. Mentre Marco Lorenzi con il suo adattamento teatrale di «Festen», il film di Thomas Vinterberg, propone una feroce riflessione sulla figura paterna, l’autorità imposta e la necessità di sovvertirla.