La signora che creò la moda
Rosa Genoni, la prima stilista italiana, tra eleganza e politica I suoi abiti furono indossati da attrici come Lyda Borrelli e Dina Galli
Tra ’800 e ’900 la vedi correre con ogni tempo lungo le strade di Milano, affannata, carica di pesanti scatoloni più grandi di lei. Immortalata nell’omonimo quadro di Emilio Longoni, la «piscinina» è la piccola apprendista di sartoria, di fatto incaricata delle consegne per una paga da fame. Proprio in questa schiera milita già a 10 anni Rosa Genoni (Tirano 1867 – Varese 1954), la pioniera del fashion system italiano. Rosa, figlia di un calzolaio e di una sarta, approda dunque a Milano bambina. Una bambina curiosa, tenace, sveglia, che la sera va a scuola, prende la licenza elementare e addirittura studia il francese: perché sa già che la moda sarà il suo destino e quel destino passa all’epoca da Parigi, capitale assoluta del gusto. Giovanissima, si avvicina ai circoli socialisti e quando per una trasferta politica ha l’occasione di andare nella Ville Lumière ci resta tre anni: impara figurino, tecniche di sartoria, ricamo, al ritorno gli atelier milanesi se la contendono. Nel 1895 approda alla celebre maison Haardt, in corso Vittorio Emanuele, dove diventa première e inizia a firmare nuove creazioni. Alla bapienza se dei suoi modelli un’intuizione geniale e anticipatrice: è possibile creare una moda italiana smettendo di copiare lo stile d’Oltralpe, ispirandosi invece all’arte del passato — dai mosaici ravennati ai dipinti del Rinascimento — e mettendo a frutto la nostra sa1906
Talento artigianale, in primis nel creare tessuti.
Intanto la sua vita decolla: nel 1903 nasce la figlia Fanny, frutto dell’amore con l’avvocato Alfredo Podreider che sposerà in seguito, nel 1905 inizia a dirigere la scuola di sartoria della Società Umanitaria, nel all’Expo di Milano vince con i suoi abiti il premio per le Arti Decorative. E nel 1908 a Roma parla al primo congresso dell’UDI, Unione Donne Italiane, promuovendo la nascita di un sistema moda nazionale di cui ha capito anche il potenziale economico. I suoi capi, che diventano man mano più essenziali e portabili, simbolo di uno stile di vita più libero, vengono indossati da attrici come Lyda Borrelli e Dina Galli, da influencer come Luisa Casati Stampa, da nobildonne come la principessa Letizia di Savoia. Ma in Rosa la moda non è frivolezza: chi l’ha detto che una socialista femminista non possa essere elegante? La moda al contrario è terreno di autentica autonomia per la donna, terreno in cui il talento femminile può trovare riconoscimento e riscatto, strumento per affermarsi ed emanciparsi verso altre conquiste e diritti, come quelli sul lavoro. Non a caso la sua occupazione come stilista non è mai scissa dall’impegno politico e sociale: amica di Anna Kuliscioff e Anna Maria Mozzoni Crespi, fermamente antifascista, pacifista e benefattrice allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1951, in ritiro a Varese poco prima di morire, avrà la soddisfazione di vedere realizzato uno dei suoi grandi obiettivi: in quella data l’imprenditore Giovanni Battista Giorgetti organizza a Firenze la prima sfilata d’alta moda tutta italiana.