Corriere della Sera (Bergamo)

La trans Valentina in pista: «Voglio dare l’esempio»

La sprinter paralimpic­a dell’Omero Bergamo è la prima trans ammessa a una gara ufficiale

- Michele Gazzetti

Il tono delle risposte non si indurisce mai, non c’è da proteggere una zona vulnerabil­e. Solo orgoglio e rivendicaz­ione di un cambiament­o attuato per sintonizza­rsi con la vera se stessa. Valentina Petrillo, la prima atleta transgende­r ammessa a una gara ufficiale femminile, parla con l’entusiasmo di chi ha scelto di non limitarsi a compiere gli anni ma di iniziare a compiere i sogni. La sprinter dell’Omero Bergamo non pensava che la sua partecipaz­ione agli assoluti italiani attirasse tanti riflettori: «C’erano un sacco di giornalist­i ad attendermi — premette l’atleta classe 1973 —. Poi, ho letto qualche commento fuori posto agli articoli che sono usciti. Mi ricordo quello di una ragazza che ha scritto “Sei nata uomo, morirai uomo”. Non accetto il fatto di non venir chiamata donna solo perché non ho l’apparato genitale femminile. Ho pensato più volte all’operazione ma ho paura. Se avessi la bacchetta magica lo farei. In ogni caso mi sento più donna di tante altre donne».

Come l’hanno accolta? «Benissimo. L’organizzaz­ione mi ha anche preparato un bagno gender friendly, è stato un bel gesto. La Fispes era dalla mia parte perché aveva accettato la mia presenza come Valentina. Ho avuto tantissimi feedback fantastici: Oney Tapia si è adattato alla nuova realtà e mi ha chiamato subito Valentina anche se la mia voce è ancora maschile, purtroppo».

E Martina Caironi cosa le ha detto?

«È un’amica. A Bologna ci alleniamo nello stesso centro. Lei ha vissuto tutta la mia transizion­e e anche la mia disperazio­ne quando, nel 2019, non erano ancora maturi i tempi per poter gareggiare da donna. Mi ha sempre detto: “Credici, vedrai che ce la farai”, mi ha dato forza».

Le capita di sentirsi discrimina­ta in altri ambiti?

«In chiesa per esempio. Gli sguardi a volte sono sentenze. Non è stato facile accettare di essere nata uomo e di avere la sindrome di Stargardt che mi impedisce di vedere bene».

Due processi di accettazio­ne lunghi e faticosi.

«Se da adolescent­e avessi avuto le informazio­ni di oggi, probabilme­nte avrei fatto la transizion­e molto prima. Ma magari non avrei avuto mio figlio, che ora ha 5 anni ed è la cosa più bella del mondo. Con lui sono stata sincera, ha visto il papà prima, durante e dopo la transizion­e. Mi chiama papi ed è giusto che sia così».

Perché ha cambiato nome da Vanessa a Valentina?

«Vanessa rappresent­a la mia prima parte da donna. Vanessa passava le ore a truccarsi, doveva sempre essere perfetta, si faceva mille foto. Avevo bisogno di far vedere che ero donna. Un giorno a Milano, parlando con mia moglie Elena, decidemmo il nuovo nome. Valentina è diversa, per esempio non ha bisogno di una parrucca».

Quando ha detto a sua moglie che voleva fare la transizion­e?

«Il 14 luglio 2017. Le dissi: “Ti ricordi quando ti raccontai che una volta da piccolo mi ero travestito? Ecco, è una cosa che faccio tutti i giorni. Mi piace vestirmi da donna e truccarmi”. Da lì è iniziato un percorso condiviso. Ha dovuto digerire il fatto di aver sposato un uomo e di ritrovarsi una donna. Lei mi è stata sempre vicino».

Napoletana, vive a Bologna. Perché ha scelto l’Omero Bergamo?

«Dal 1997 al 2002 giocavo con loro a calcetto. Dopo la transizion­e ho dovuto lasciare la mia vecchia società perché non mi sentivo compresa e loro mi hanno accolto in manieti: ra splendida».

La sua storia diventerà un film.

«Si chiamerà “5 nanomoli Il sogno olimpico di una donna trans”. 5 è la soglia sotto la quale deve rimanere il testostero­ne degli atleti nati uomini e poi diventati donne».

Perché da uomo non ha mai fatto le Paralimpia­di?

«Non avevo voglia. Da uomo ho fatto una vita con il freno a mano. Dovevo andare ad Atlanta 1996 ma per me prima il mondo in quel momento non aveva tanti colori. Ora ne ha moltissimi e sogno Tokyo 2021. Mi piacerebbe dire a tut“Smettetela di associare le trans solo alla prostituzi­one”. Manca un esempio sportivo, vorrei essere io».

C’è una persona famosa da cui vorrebbe ricevere una telefonata?

«Il Papa. Gli chiederei: “Perché in chiesa la gente mi guarda male?”. Come se una trans non potesse far la comunione o credere in Dio. Per fortuna ci sono preti di mentalità aperta come quello che mi ha confessato. E sono sicura che anche Francesco mi capirebbe».

 ??  ??
 ??  ?? Grinta Valentina Petrillo, nata Fabrizio, è ipovedente a causa della sindrome di Stargardt
Grinta Valentina Petrillo, nata Fabrizio, è ipovedente a causa della sindrome di Stargardt

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy