Ambrosini, inghippo a Tunisi
Ambrosini, accusato di peculato per oltre un milione di euro, era nel carcere di Mornaguia da un anno
Fallisce l’estradizione di Stefano Ambrosini catturato un anno fa.
Il 23 ottobre 2019 l’ingresso a Mornaguia, 14 chilometri da Tunisi e la fama di essere tra le peggiori prigioni al mondo. Ora, un finale diverso da quello che tutti, almeno fino a qualche settimana fa, si aspettavano. Non l’estradizione ma la liberazione. È una piccola storia ricca di colpi di scena quella di Stefano Ambrosini, 58 anni, commercialista con studio a Bergamo e casa a Torre Boldone, accusato di avere sottratto un milione e mezzo di euro da sei società di cui era stato nominato curatore fallimentare o liquidatore, dal 2010 al 2017. È anche un caso che fa sorgere domande sui rapporti tra Italia e Tunisia. Sul sito dell’ambasciata è riportato il lungo elenco di accordi bilaterali tra le due nazioni, compresa la convenzione del 1967 che regola i provvedimenti legati alla giustizia. Ma con Ambrosini evidentemente ha funzionato poco, se la domanda di estradizione, a quanto risulta inoltrata, è rimasta lettera morta e se dall’altra parte del Mediterraneo nessuna notizia è più giunta, al punto che è stato lo stesso pm Emanuele Marchisio, che ne aveva chiesto l’arresto, a presentare istanza di scarcerazione.
L’ordinanza del giudice Alessia Solombrino è del 21 agosto 2020. Ambrosini è stato rilasciato nella notte tra lunedì e martedì. L’avvocato Carolina Manganiello, che lo assiste dai tempi della misura cautelare dopo la vacanza in barca in Sardegna, gli arresti domiciliari a giugno 2017, ci ha parlato a lungo. «Sta bene», si limita a confermare senza volere spingersi oltre né su ciò che è stato né su quali saranno le mosse future. L’udienza preliminare è fissata per il 27 gennaio 2021 ed è evidente che l’esito del procedimento dipenderà anche dal comportamento che Ambrosini manterrà da qui in avanti. Un rientro spontaneo certamente aiuterebbe, tenuto conto che oltre al fascicolo per peculato, falso e il riciclaggio di 216 mila euro spesi per la villa di Torre Boldone, incombe quello per evasione, originato dalla nota fuga in nave con il fedele labrador al seguito. E arrivederci tutti. Nell’ordinanza il gip rileva come, nonostante il tempo trascorso dall’arresto, «non soltanto non è dato conoscere attraverso le vie ufficiali lo stato del procedimento di estradizione, ma risulta altresì di fatto precluso l’accertamento circa l’esistenza di titoli autonomi di detenzione emessi dall’autorità giudiziaria della Tunisia, ovvero l’eventuale avvenuta applicazione al pervenuto di misure alternative alla detenzione direttamente presso lo Stato estero». Dubbi alimentati anche dai tentativi falliti di ottenere una visita consolare in carcere. Ci ha provato l’avvocato Manganiello, che tiene i contatti pure con la famiglia d’origine di Ambrosini, prima e dopo il lockdown attraverso l’ambasciata. Inutilmente.
Il giudice precisa poi di avere attivato ricerche in via informale attraverso il magistrato di collegamento in Marocco. Non in Tunisia perché tale figura, che ha lo scopo di agevolare la cooperazione giudiziaria, non è prevista. «Appare ragionevole ipotizzare che la misura detentiva sia allo stato in corso — conclude nel provvedimento di fine agosto —, sicché in difetto di notizie certe e ufficiali circa le condizioni dell’imputato, appare opportuna una specifica valutazione in ordine all’attuale persistenza delle esigenze cautelari e alla congruità» del carcere. Pericolo di fuga e reiterazione sarebbero venuti meno, nel primo caso anche considerate le condizioni di salute non ottimali di Ambrosini e l’emergenza sanitaria in corso, che complicherebbe eventuali spostamenti
La richiesta del pm È stata la stessa accusa a chiederne la liberazione: cessate le esigenze cautelari
Le ricerche del gip Attraverso il Marocco ha verificato che l’imputato era ancora detenuto
da Susa, la cittadina costiera dove ha messo radici. Si è sposato con una donna tunisina poco dopo l’inizio della latitanza, ha stretto amicizia con altri italiani «emigrati» e per un periodo ha lavorato in un call center. Assodato ora che è sempre rimasto in una cella a Mornaguia, dove le ultime notizie sul web riferiscono di una quarantina di casi di coronavirus, resta il mistero sul perché la Tunisia si sia presa la briga di portarlo dentro senza andare oltre.